Cultura e Spettacoli

Mura megalitiche, non ‘ciclopiche’

Spesso quando si parla di mura difensive precristiane in Puglia si usa impropriamente l’aggettivo ‘ciclopico’. Sarebbe invece più esatto parlare di mura ‘megalitiche’. Le mura ciclopiche sono frequenti nel Lazio e nelle zone limitrofe, aree dove la pietra, più compatta, si presta ben poco ad essere lavorata, per cui le antiche cinte murarie di quelle città si componevano di blocchi poligonali composti con tale abilità (e ce ne voleva tanta considerando il peso di certi macigni) da evitare al massimo vuoti e fessure. Da noi la ‘gentilezza’ della roccia, ovvero la sua suscettibilità ad essere modellata a forza di martello o addirittura di sega, consentiva di ricavare blocchi squadrati, ideali per una composizione più rapida e regolare. Qua e là in Puglia sopravvivono avanzi di mura megalitiche. Ad Altamura, Manduria, Conversano, Muro Leccese e Carovigno, in periferia o nel cuore dei centri abitati, ridotte a frammenti di pochi metri o estese per qualche chilometro, mura megalitiche ricordano lo splendore delle civiltà preromane, quella messapica su tutte. Ciò che impressiona osservandole è la considerazione dello sforzo necessario ad elevarle. Parliamo di costruzioni il cui modulo base è un parallelepipedo largo intorno al metro e mezzo, alto fra i 40 e gli 80 cm. e profondo una settantina di centimetri. Adagiati uno sull’altro, questi moduli non avevano bisogno di calce, bastando il loro stesso enorme peso a rendere queste muraglie invulnerabili a qualunque terremoto. Ora, poiché le mura megalitiche di Puglia risalgono ad un periodo compreso fra il VI e il III secolo avanti Cristo viene da chiedersi : con quale ‘tecnologia’ questi blocchi vennero estratti dal terreno, trasportati e posizionati? Non è un caso che tutte le località sopramenzionate sorgano a ridosso di cave. Dunque la scelta del sito dove elevare il centro abitato era condizionato dalla vicinanza di una miniera a cielo aperto. Solo a queste condizioni lo sforzo del trasporto (su rulli ricavati da tronchi) era ragionevolmente sostenibile. Quanto alla tecnica estrattiva dobbiamo pensare all’uso di cunei infissi nelle linee di fessura naturali della roccia e di leve per il distacco dei blocchi o all’utilizzo del fuoco per vincere la resistenza della roccia e frangerla a colpi di martello. Infine, robustissimi argani in legno permettevano di sollevare e calare blocchi il cui peso doveva oscillare intorno alle quattro tonnellate. In definitiva solo gruppi sociali numerosi, coesi e gerarchicamente ben strutturati potevano intraprendere imprese di quella fatta. Gli antichi Messapi, per esempio, il popolo antico che in Puglia ha di sé lasciato più duratura traccia, erano ben altro che una  morra di rozzi guerrieri. Non parlasse a sufficienza la raffinatezza della loro arte ceramica o orafa, a declamarne la grandezza basta il silenzio grandioso di pietre millenarie.

Italo Interesse


Pubblicato il 15 Settembre 2012

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