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Musei e Codice Etico, il tesoro torna a casa

Musei e Codice Etico, il tesoro torna a casa

Nel 1978 nelle campagne di Laterza tombaroli violavano una sepoltura del neolitico asportandone il ricco corredo funerario, che nel 1986 veniva acquistato sul mercato clandestino dal Museo Romanico-Germanico di Magonza. A distanza di trentasette anni quei reperti tornano finalmente in Puglia ; da oggi sono in esposizione nello spazio mostre della sede della Soprintendenza di Taranto. Ma che fatica riportare a casa il maltolto. Perché in questo genere di cose non basta aver individuato la refurtiva. Il legittimo proprietario, la Soprintendenza di Taranto nel caso in questione, deve dimostrare i propri diritti (che è la cosa più spinosa), quindi intraprendere un faticoso iter burocratico di restituzione. Il sofferto successo di cui stiamo parlando va salutato come il risultato di una conquista di portata globale di recente acquisizione : il Codice Etico dei Musei, al cui rispetto sono oggi tenute tutte le strutture museali esistenti al mondo. Innanzitutto “i musei devono evitare di esporre… materiali di provenienza incerta o ignota” quando l’esposizione di tali oggetti può essere interpretata “quale consenso e incoraggiamento… al traffico illecito del patrimonio culturale”. Né i musei possono “acquisire oggetti qualora vi sia un ragionevole dubbio che il loro rinvenimento sia avvenuto senza autorizzazione o con metodi non scientifici, o che esso abbia causato un’intenzionale distruzione o un danno a monumenti, a siti archeologici o geologici, a specie o habitat naturali. Allo stesso modo, non si deve procedere all’acquisizione se il proprietario, l’occupante del terreno, le autorità preposte o governative, non sono stati informati del ritrovamento”. Inoltre, prima di procedere all’acquisizione di un oggetto o esemplare offerto in vendita, dono, prestito, lascito o scambio le amministrazioni museali “sono tenute ad accertarsi con ogni mezzo che esso non sia stato illecitamente acquisito nel (o esportato dal) paese di origine o in un paese di transito, dove potrebbe aver avuto un titolo di proprietà legale (compreso il paese del museo stesso). A questo riguardo esiste un obbligo di doverosa diligenza per ricostruire l’intera storia dell’oggetto dalla sua scoperta o produzione”. Infine il caso che ci riguarda da vicino : “Qualora il paese o il popolo di origine richiedano la restituzione di un oggetto o di un esemplare, dimostrando fondatamente che esso è stato esportato o comunque trasferito in violazione dei principi stabiliti dai trattati internazionali e nazionali, e dimostrino che l’oggetto appartiene al patrimonio culturale o naturale di quel popolo o paese, il museo interessato… deve prontamente e responsabilmente attivarsi per collaborare alla restituzione”. Insomma, sono finiti i tempi dei Direttori conniventi con intermediari loschi, i quali oggi possono limitarsi a piazzare la ‘merce’ soltanto sul mercato privato, ovviamente clandestino.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 25 Settembre 2015

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