Musei? Uffa, che barba
Qualche giorno fa la scolaresca di una media barese visitava un museo cittadino. Malgrado gli stimoli dell’esposizione, la brillantezza della guida e la solerzia di due docenti accompagnatori, in capo a un quarto d’ora la curva dell’attenzione precipitava. L’indifferenza evolveva in stanchezza e questa, infine, in aperta insofferenza. Dopo mezz’ora erano rimasti solo due alunni a osservare cose, a domandare spiegazioni. Gli altri? Chi a giocare con lo smart, chi a vedere come poter sgattaiolare verso il primo panificio. Ragazzi senza spessore? No, ragazzi d’oggi. E una parte di colpa attribuiamola pure a questo modo stantio e fermo all’Ottocento di porgere il sapere. Se già in passato la rigida e schematica ‘offerta’ di Pinacoteche e Collezioni considerava molti ‘nemici’ persino tra gli adulti, figuriamoci se oggi la stessa polverosa e cattedratica formula può catturare bambini, ragazzi e giovani truffati e svuotati da una civiltà, quella dell’immagine, che disconosce la poesia del reperto e sollecita invece seduzioni virtuali. Tuttavia alcune strutture storiche che si sono aperte alla tecnologia utilizzano un diverso linguaggio di comunicazione museale. E’ il caso di Taranto nel cui Museo Archeologico è possibile visitare (virtualmente) ipogei interessantissimi ma lontani e non accessibili per ragioni di sicurezza. Come in un videogioco, utilizzando speciali ‘occhiali’, si può entrare nei tre ipogei utilizzando ritrovati della scienza che consentono il movimento in qualunque direzione senza far uso di mouse o di altro sistema di puntamento. Questo nuovo approccio multimodale sta obiettivamente raccogliendo, non solo a Taranto, più consensi fra i giovani. Si tratta comunque di successi affatto eclatanti, per di più agevolati da sponsor generosi e pesanti interventi pubblici. Una doppia congiuntura impensabile per i piccoli musei, a questo punto condannati in avvenire a chiudere, con la prospettiva di materiale inestimabile ‘conferito’ in qualche deposito a tempo indeterminato in attesa di ricollocazione (e certe attese possono essere decennali, ne sappiamo qualcosa a Bari fra Museo Storico e Museo Archeologico). Ma anche se per un qualche miracolo ‘fiorissero’ milioni di euro da investire in musei, sarebbe il caso di spendere tanto per ricavare un incremento risibile dell’affluenza di visitatori? Sarebbe forse il caso, tenuto conto dell’imbarbarimento dell’utenza, di procedere a un percorso di rieducazione che tenga conto di questo ritardo. Per cui, piuttosto che continuare a saccheggiare casse in vista di obiettivi in fondo non più che virtuale, sarebbe il caso di puntare a meno costose e meglio tangibili ricostruzioni di ipogei funerari, tratti di strada romana, interni di ambienti cinquecenteschi… Il tutto, si capisce, senza rinnegare quanto sinora costruito con modalità appartenenti al passato o che guardano al futuro come, appunto, nel caso di Taranto.
Italo Interesse
Pubblicato il 2 Ottobre 2014