Cultura e Spettacoli

Mussolini diede del ‘fellone’ a sinistra

 

Chi si interroghi sul perché Mussolini, da socialista che era, divenne fascista può, almeno in parte, trovarne spiegazione negli eventi che presero il via ad Ancona il 7 giugno 1914. In quel giorno si celebrava in tutta Italia la Festa dello Statuto in occasione dell’anniversario della concessione dello Statuto Albertino. Polemicamente le forze antimonarchiche decisero di indire per quella data una serie di manifestazioni di protesta. Ad Ancona era attesissimo un pubblico comizio antimilitarista, che però il presidente del consiglio Salandra decise di proibire. Gli organizzatori, l’allora  repubblicano Pietro Nenni e l’anarchico Errico Malatesta, decisero di spostare l’evento in una sede privata : Villa Rossa, sede del partito repubblicano anconetano. Il comizio si tenne regolarmente ma al momento di abbandonare l’edificio i partecipanti si videro circondati dalle forze dell’ordine che volevano loro impedire di spostarsi nella vicina piazza Roma dove si stava tenendo un concerto della banda militare. La situazione scappò di mano, i carabinieri aprirono il fuoco sparando circa 70 colpi. Tre giovani dimostranti caddero uccisi: Antonio Casaccia e Nello Budini, entrambi repubblicani e l’anarchico Attilio Giambrignoni. Vi furono anche cinque feriti tra la folla e diciassette tra i carabinieri. Al suo fulmineo diffondersi la notizia diede origine in tutta Italia a manifestazioni, cortei e scioperi spontanei. Era cominciata la ‘Settimana Rossa’, destinata a chiudersi il 14 giugno. Soprattutto in Romagna la situazione si fece incandescente : Chiese (quella di Villanova di Bagnacavallo fu distrutta) e municipi (quello di Alfonsine fu incendiato) vennero assaltati, in alcune piazze venne addirittura riesumato l’albero della libertà. I dimostranti bloccarono le linee ferroviarie, tagliarono i fili telefonici e telegrafici. Interrotta la distribuzione dei giornali, false notizie circa il successo della rivoluzione aumentavano ancora di più l’entusiasmo degli insorti. Dalle colonne de l’Avanti! Mussolini spronava ad uno sciopero generale “non di difesa ma di offesa”. Ma le sue speranze furono deluse dal comizio indetto il 10 giugno all’Arena di Milano dalla Confederazione Generale del Lavoro di fronte a 60mila manifestanti. Gli oratori convennero tutti su un punto : Quella che era in atto non era una rivoluzione, bensì un’accesa protesta contro l’eccidio di Ancona. Non era il caso di innescare un’altra carneficina. Così, per scongiurare il rischio che la monarchia potesse sentirsi minacciata e dichiarare lo stato d’assedio con conseguente passaggio di poteri ai militari, la Confederazione dichiarò concluso lo sciopero, con l’invito rivolto ai lavoratori a riprendere le loro attività. Indignato, Mussolini accusò di “fellonia” i capi sindacali confederati, responsabili d’aver “tradito il movimento rivoluzionario”.  Cominciò allora ad accarezzare l’idea di tutt’altra e personale rivoluzione?… Quanto alla Settimana Rossa, i suoi echi si spensero definitivamente alla fine dello stesso mese, il 28 giugno 1914, con l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, evento che avrebbe spostato l’attenzione dell’opinione pubblica su un nuovo e ancora più drammatico confronto sociale contrapponendo interventisti e neutralisti fino all’ingresso in guerra del 24 maggio 1915.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 7 Giugno 2017

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