Cronaca

Natuzzi SpA: chiesta la sospensione del contratto di solidarietà

Ormai il paradosso all’interno della multinazionale del divano, la ‘Natuzzi SpA’, secondo i sindacati Cobas pare essere diventato normalità. E la normalità un paradosso, così che non sorprendono più le stranezze nella gestione della sua forza lavoro. Già nei mesi scorsi, difatti,  secondo i rappresentanti “Cobas-Lavoro Privato Natuzzi”, i vertici aziendali avevano dimostrato che ci può essere quella solidarietà che, nei fatti, non è più solidale visto che coinvolge solo i tre quarti dell’organico. E gli altri? Pronta la risposta: il restante un quarto viene licenziato. <<Adesso ci insegna che può coesistere la riduzione dell’orario di lavoro con il contemporaneo aumento dell’orario di lavoro. Infatti, alla Natuzzi si lavora con riduzione oraria del 45% rispetto a quello contrattuale, per via della decennale crisi che affliggerebbe l’azienda santermana. Tuttavia, date le esigenze produttive, quasi tutte le maestranze sono impegnate nei vari opifici del territorio murgiano per le ordinarie otto ore quotidiane e molti di loro sono chiamati al lavoro anche il sabato, motivo per cui l’azienda ha previsto anche un incentivo economico per la prestazione durante quest’ultima giornata>>, spiegano i sindacalisti autonomi della società di Santeramo in Colle. In virtù di quanto sin qui esposto, tenendo presente i risultati di un’affollatissima assemblea in cui è stata massiccia la presenza dei dipendenti, celebrata nei giorni scorsi nel cuore della cittadina che ha visto nascere l’azienda, Cobas-Lavoro Privato ha chiesto alla parte decisoria della Natuzzi SpA che si faccia fronte all’attuale incremento produttivo, semplicemente e molto più correttamente, sospendendo il Contratto di Solidarietà e ripristinando l’ordinario orario di lavoro, cosa, tra l’altro, prevista dal Protocollo del 27 marzo 2017 (l’accordo con il quale è stato stipulato l’ultimo CdS alla Natuzzi Spa). Tale sospensione può essere molto preziosa in un prossimo futuro, considerato che l’industria in causa ha quasi del tutto esaurito gli ammortizzatori sociali a disposizione. E’ stato anche chiesto, ovviamente, il rispetto degli impegni assunti e l’immediata predisposizione di un programma di riattivazione del sito di Ginosa. A uno snodo cruciale, quindi, questa vertenza infinita, non senza prendere atto, come fanno ancora una volta parti sociali e rappresentanti dei lavoratori, che da più parti si continua a credere che il rilancio della più grande ‘holding’ nazionale del divano sia fondato su basi solide. Quando invece occorrerebbe sapere che i tre pilastri che hanno retto fin’ora le sorti della stessa azienda, come ripeteva a suo tempo pure l’Unione Sindacale di Base, non reggerebbero mai alla prova del nove. Partiamo dal il taglio del costo del lavoro, compiuto attraverso la decurtazione delle retribuzioni e dei diritti dei lavoratori, a fronte del peggioramento delle condizioni di vita nelle linee produttive, non senza scordare le iniezioni di ingenti finanziamenti pubblici. Infatti, a settembre scorso, grazie al famoso “Accordo di programma” sono stati somministrati altri 37 milioni di euro, da parte del MiSE e le Regioni Puglia e Basilicata. Questo solo per citare l’ultima valanga di soldi pubblici giunti all’industria santermana, ma se ne potrebbe fare un elenco lunghissimo. Ma tornando al tavolo della vertenza in atto, la stessa Organizzazione Sindacale del Cobas si è offerta nuovamente disponibile per un incontro con l’azienda e le Istituzioni competenti per chiarimenti e approfondimenti circa le tematiche sopra trattate.

 

Antonio De Luigi

 


Pubblicato il 16 Marzo 2018

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