Cultura e Spettacoli

Nazariantz, per la causa del profughi

Entro quest’anno il ponte dell’Asse Nord-Sud sarà inaugurato. Ciò significa, tra molte altre cose, che via Nazariantz ritroverà significato, visto che (assieme a via Tommaso Fiore) farà da discesa sino all’incrocio con via Napoli a quel vertiginoso nastro d’asfalto. Ci ha sempre procurato dispiacere che a Bari, dove il grande poeta armeno (nell’immagine) venne a vivere da esule nel 1913, il nome Nazariantz sia pronunciato solo a proposito di un Palazzo di Giustizia – affacciato sull’omonima via – mal costruito e in costante degrado. E ce ne procura di più oggi, giorno in cui ricorre il 101esimo anniversario dell’inizio del genocidio degli Armeni ad opera dei Turchi. Un genocidio che già aveva avuto un serie precedente alla fine dell’Ottocento, quando la rivolta degli armeni dell’Anatolia contro l’oppressione ottomana fu brutalmente repressa dal sultano Abdul Hamid II (si calcola che a morire furono fra i 30 e gli 80 mila armeni). Nel periodo precedente la Grande Guerra con l’affermarsi del governo dei ‘Giovani Turchi’, determinato a rilanciare il morente impero ottomano anche restituendo compattezza etnica all’Anatolia, fu deciso di ‘depurare’ quella regione della temuta (perché filo-russa) componente armena. Sfruttando la ‘distrazione’ delle grandi potenze (la prima guerra mondiale scoppiata l’anno prima stava entrando nel vivo) i turchi ebbero agio di sterminare fra uccisioni e mortali marce di deportazione circa 1.200.000 armeni. A tutt’oggi il governo turco rifiuta di riconoscere quel genocidio. Addirittura chi ne parla rischia fino a tre anni di carcere. Di contro, in Francia la negazione di quel genocidio è considerato reato penale. Ciò si spiega col fatto che in quel paese trovarono rifugio molti armeni sfuggiti alla strage. Attualmente in Francia la minoranza armena assomma a un mezzo milione di persone. In Italia i discendenti dei rifugiati, divisi fra Milano, Roma, Venezia, Trieste, Cosenza e Bari, non superano le 2500 unità. La piccola comunità armena di Bari vive agiatamente. Deve il suo benessere ad un’iniziativa di Nazariantz, il quale, oltre a vivacizzare la vita culturale del capoluogo al punto da sfiorare l’assegnazione del Nobel, nel 1919 raccolse a Bari una sessantina di profughi armeni. Quando più tardi, nel 1924 e per effetto di un regio decreto, fu assegnato a quei profughi un terreno in via Amendola fornito di una dozzina di capannoni in legno, nacque Nor Arax, primo villaggio armeno di Bari. Il villaggio, del quale sopravvivono alcuni resti e dove una targa ne ricorda l’epopea, acquisì presto fama internazionale per la qualità dei tappeti e dei merletti che vi si producevano.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 23 Aprile 2016

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