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Nel “nuovo” Ente la crisi la pagano i dipendenti più deboli e meno tutelati

Nessuna eccedenza di organico per la Città metropolitana di Bari, almeno così sembrava. Il taglio del 30 per cento della spesa inerente al personale, infatti, pareva essere stato assorbito da pensionamenti e costo dei dipendenti in ruolo assegnati a funzioni statali oggetto di riordino, addetti a compiti di vigilanza, polizia locale, centri per l’impiego e politiche attive del lavoro. Perfino il primo cittadino metropolitano barese, Antonio Decaro, soffocava i timori di smobilitazione tra i derelitti dipendenti della ex Provincia, l’ente che dal 1° gennaio ha fatto testamento a beneficio di una Città Metropolitana che non ha ancora terminato l’inventario. Ma, soprattutto non riesce ancora a camminare con le proprie gambe. <>, gonfiava il petto nell’aula di via Spalato Decaro la primavera scorsa per un’operazione – per lui, certamente…- indolore visto che a fine marzo, come detto, un Consiglio Metropolitano nominato (senza essere mai stato votato da alcun cittadino-elettore) approvava “la determinazione del valore finanziario della dotazione organica a gennaio 2015”, così come previsto dalla Legge di Stabilità. Insomma, quel taglio da circa 8 milioni sul totale della spesa annua per il personale di oltre 26 milioni, corrispondeva praticamente al costo di una trentina di dipendenti andati in pensione dall’8 aprile 2014, mentre lo stesso Consiglio – un po’ alla chetichella- approvava  un ordine del giorno di poche righe per verificare le adesioni, su base volontaria,  da parte di quei dipendenti che, entro il 2016, avrebbero maturato i requisiti anagrafici e contributivi per la pensione, in base alla vituperata riforma “Fornero”. E ora, a sei mesi di distanza, quell’ordine del giorno s’è trasformato in un atto della Giunta che, rassomigliante tanto a delle liste di proscrizione, circola quasi clandestinamente tra i dipendenti rimasti al servizio della Città Metropolitana. Creando panico e malumori visto e considerato che, con la solita scusa dell’abbattimento della spesa del personale, l’Amministrazione di via Spalato avrà anche deciso di trattenere tutta la polizia provinciale, come consentito dal decreto Enti locali, ma sta per mettere in quiescenza un’ottantina di impiegati e funzionari (tecnici e amministrativi) che, pur avendo maturato i requisiti minimi per andare a riposo, potrebbero pagar dazio con penalizzazioni piuttosto pesanti, a fini pensionistici. Ne è convinta la Funzione Pubblica Cgil di Mimmo Gialò, segretario aziendale di lungo corso prima nella defunta Provincia e adesso nella traballante Città metropolitana. <>. Intanto nell’elenco di dipendenti già pronti per la pensione per l’amministrazione, ma che non hanno mai presentato la relativa domanda di esodo volontario, minacciano di rivolgersi ai legali, si stanno informando presso consulenti del lavoro e centri di assistenza fiscale per capire quanto perderanno in busta paga, se saranno davvero costretti ad abbandonare il loro posto di lavoro. Mimmo Gialò è pronto a dare battaglia: <>. E dunque, per la Fp/Cgil, o si taglia su tutto all’interno del personale metropolitano oppure, se discrezionalità deve essere adottata, si applica a dirigenza e comparto. Tanto più che, se le postazioni in organico previste oggi nell’ente per i dirigenti sono sedici, tagliandone due o tre – che significa un bel risparmio – non può che far bene alle finanze della Città Metropolitana. Al netto da deliberazioni, timori, chiacchiere e vertenze all’orizzonte, per ora, è certo che i tagli di personale per salvare le casse dell’Ente che amministra tra le tante altre cose territorio, ambiente, coste, viabilità e scuole di secondo grado pesa come sempre sui lavoratori piu’ deboli e meno tutelati. Come prima e più di prima, altro che nuovo ente di aria vasta….

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 30 Ottobre 2015

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