Cultura e Spettacoli

Nella casa nel bosco il gioco è a tre

È andato in scena al nuovo Abeliano un lavoro di Leonardo Piccinni prodotto dall’Accademia dello Spettacolo Unika di Bari

I futuri distopici eccitano cineasti, scrittori e drammaturghi. Questi ultimi sono quelli maggiormente messi alla prova. L’impossibilità del ricorso alla ‘descrizione’ o all’immagine, salvo ricorrere a voci fuori campo o a proiezioni, impone scelte di parola, tempo e azione assolutamente mirate. Il riuscire a condensare l’atmosfera giusta, allora, diventa tutto. Solo per mezzo di essa può farsi materica la percezione di un Potere occhiuto e soffocante, onnipresente per quanto ‘discreto’, irresistibile e spietato. Su questa specie di campo minato (la ricerca della giusta atmosfera), si avventura Leonardo Piccinni, autore di un ambizioso ‘Vicolo Stretto’, una produzione dell’Accademia dello Spettacolo Unika di Bari andata in scena la settimana scorsa al Nuovo Abeliano. In una casa isolata all’interno di un bosco convergono tre figure lontane e tormentate : una ragazza, un giovane e un uomo maturo. Ad accomunarli è l’essere in fuga, braccati dal proprio passato e dalla Legge di un qualche innominato Grande Fratello. Tre personaggi dal profilo ambiguo e dalla natura sfuggente si ritrovano come in gabbia. Tanto li spinge a mettere in atto reciproci, cortocircuiti emotivi, perché qui c’è chi scappa e chi si nasconde, chi dice senza dire o senza fare e chi fa viceversa. S’innesca in tal modo una relazione umana disfunzionale in cui, come alle Montagne Russe, si sale e scende fra picchi di generosità e abissi d’egoismo, fra slanci d’apertura e fulminee chiusure a riccio. Capire qualcosa di questa storia è esercizio di pazienza, sia pure appassionante. Piccinni, ‘sfoglia’ la sua verità, battuta dopo battuta, rivelazione dopo rivelazione, senza fretta, sì che alla fine ‘Vicolo Stretto’ torna un po’ lungo. Ma questa lentezza un po’ calligrafica ci può stare, perché ‘Vicolo Stretto’ non ha un vero finale da offrire, né sembra voler stabilire vincenti e sconfitti, (quantunque il gioco del Monòpoli sia trasversale al racconto). Il lavoro non si spegne con un acuto, bensì con un tono grave e che ben s’intona con la nebbia e il freddo che avvolgono il casolare dove vive Amerigo, il protagonista, e dove trovano scampo prima Isabel, poi Sirio. Quasi un loop, il sipario su ‘Vicolo Stretto’ si abbassa così come si leva, suggerendo l’idea di una circolarità ossessiva, da girone dantesco. Chiedendo molto agli interpreti, Piccinni viene ampiamente ripagato da un determinante Rocco Capri Chiumarulo nei panni dell’inafferrabile padrone di casa e dai bravi Antonio Carella e Sara Cupertino. Nell’insieme, un lavoro confezionato con palpabile passione, che incastona schegge di buon teatro in un cupo affresco di solitudine e smarrimento. Notevole il consenso di una platea gremita. Hanno contribuito al successo : Pierdomenico Minafra (regia), Aurora Lombardo (scenografia e costumi), Francesco Loiudice (musiche originali) e Vincenzo Petroli (disegno luci).

 

 

Italo Interesse


Pubblicato il 13 Maggio 2025

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio