Nella grotta gli Insorti acclamarono il Maggiore
Nella grave del Vuolo, nel territorio di Martina Franca, si apre una vasta grotta il cui ingresso ora è parzialmente ostruito da un muro a secco. A destra dell’imboccatura è affissa una targa in pietra. Vi si apprende che quella è la “caverna del Sergente Romano” il quale, vissuto dal 1833 al 1863, fu “capobanda legittimista in Terra di Puglia”. In questo luogo, il 20 agosto 1862, Pasquale Domenico Romano “dopo una storica riunione” fu destinato al comando di circa duecento briganti ; la targa è là da poco più di un anno, essendo stata apposta dal Centro Speleologico dell’Alto Salento il 5 gennaio 2013, centocinquantesimo anniversario della morte del ribelle legittimista, avvenuta nel non lontano bosco di Vallata (agro gioiese). Cosa fu quella storica riunione? Nel 1862 un piano di rivolta volto a reinsediare il detronizzato Borbone era in atto in alcune province dell’ex Regno delle Due Sicilie. Nell’agosto di quell’anno il disegno reazionario, orchestrato dal Comitato Centrale Borbonico di Roma, dove Francesco II aveva trovato rifugio, vide le principali comitive brigantesche del Barese e del Salento darsi convegno per stabilire un’azione finalmente unitaria e non più inutilmente frammentata. Nella grotta di Vuolo si incontrarono i seguenti capibanda : Pasquale Domenico Romano (il Sergente), Cosimo Mazzeo (Pizzichicchio), Giuseppe Valente (Nenna Nenna), Giuseppe Nicola Laveneziana (Figlio Del Re), Antonio Locaso (il Capraro), Francesco Monaco, Antonio Testino (il Caporale), Scipione De Palo (la Sfacciatella), Tito Trinchera (Titta) e Rocco Chirichigno (Coppolone). In quella circostanza il Romano, non si sa se eletto per acclamazione o accettato da tutti per effetto di ordini pervenuti da Roma, venne investito del grado di ‘Maggiore’. Appena insediatosi al comando, il condottiero gioiese, che aveva molta pratica militare avendo servito per dieci anni nell’esercito borbonico sotto le cui armi venne elevato al grado di Sergente e di Alfiere della 1^ compagnia del 5° Reggimento Cacciatori, impartì alla comitiva una struttura di tipo militare stabilendo compiti e gradi. Ripartiti in piccoli contingenti, all’indomani del loro convegno quei duecento uomini si separarono per dedicarsi ad un’azione di reclutamento. In seguito, verso settembre, si ricongiunsero nel brindisino accarezzando un piano audace : marciare su Brindisi, assalire il bagno penale, liberare i forzati e assimilarli. Quel piano prevedeva una seconda e ancora più ambiziosa fase : unire le forze del Romano con quelle di Crocco e sollevare l’intero Mezzogiorno. Il disegno non andò in porto nemmeno relativamente alla prima parte. Ciò non impedì alla ‘banda Romano’ di scrivere pagine importanti di una sfortunata guerra di liberazione.
Italo Interesse
Pubblicato il 28 Gennaio 2014