Nella grotta l’Inferno
Le premesse perché lo spettacolo entri nella storia – non solo di Puglia – ci sono tutte. “Hell in the Case” infatti nasce adulto per chiarezza d’intenti, originalità e sforzo produttivo. E merita attenzione per il fatto d’essere totalmente targato made in Puglia. Quale lavoro quello di Enrico Romita (regia), Mimmo Iannone (coreografie) e… Madre Natura (scenografia). All’interno della grande voragine del complesso carsico di Castellana Grotte la prima cantica dantesca viene ‘schiacciata’ in 60’ superando la rigidità delle suddivisioni in gironi. Sicché gli incontri con Minosse, Lucifero. Caronte, Pier Delle Vigne, Ciacco, Paolo e Francesca, il Conte Ugolino, Ulisse si piegano alle esigenze di una ben compressa coralità e non si avvicendano nell’ordine che tutti conosciamo. S’incappa così in una leggera difficoltà, almeno iniziale , nell’individuare il tale o il tal altro personaggio, ciò tuttavia non rappresenta un problema poiché “Hell in the Cave” vuole più che altro raccontare e nei termini della massima spettacolarità una sola emozione : l’ansia della punizione divina ; un’ansia dolorosamente iscritta nel nostro dna. La fissa del senso di colpa trova qui sostanza nella percezione della madre di tutte le paure. Lo spettatore (o il visitatore?…) ha un bel ripetersi che quanto gli si muove attorno, sfiorandolo anche in una penombra inquietante, non è un branco di demoni bensì un corpo di ballo di grande levatura ; e ancora ha ragione di riflettere sul fatto che lo straordinario mix di luci e suoni è frutto del lavoro di uno staff di tecnici piuttosto che dell’oscuro potere del re degli Inferi. Resta però che il tutto ti piglia e più profondamente di quanto si pensi per il fatto di andare a toccare corde dell’animo assai riposte. Qualcuno si aspettava di vedere Dante accompagnato da Virgilio. Non l’ha più cercato quando ha capito d’essere egli stesso Dante e che a fargli da guida erano altri giovani d’un vasto ed efficiente staff. Variegata la reazione del pubblico : stupore, impressione, disagio. “Hell in the Cave” più che prendere afferra ; da consumatore di un evento lo spettatore diviene protagonista. A tratti per un’ora si affaccia la sensazione d’essere lì non già in ragione d’un ticket bensì per effetto d’uno scherzo del caso. E lo ‘scherzo’ illustra che l’Inferno non è un parto della peggiore fantasia, è invece un luogo reale dove anche l’uomo della strada può ritrovarsi. Per cui, alla fine, l’applauso che si leva dalla folla ha il sapore dell’incredulità poiché torna irreale pensare che i demoni e i dannati di un minuto prima sono ora giovani sorridenti malgrado la grandissima fatica. E se ciò vale per qualunque figura vesta panni scenici, di più vale nel caso dell’opera di Romita. Qualche spettatore particolarmente sensibile avrà dormito male perché effettivamente certe suggestioni di “Hell in the cave” sono pesanti, ma è un sovrapprezzo che ci può stare.
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Pubblicato il 19 Aprile 2011