Cultura e Spettacoli

Neve, neviere e solleone: affari d’oro

Che caldo. Ma riscaldamento globale a parte, anche in passato non si scherzava. In giorni come questi, almeno sino a fine Ottocento, c’era una risorsa naturale che diventava più preziosa perfino dell’acqua. Parliamo della neve. Raccolta in inverno e conservata all’interno di appositi locali (neviere), col caldo la neve incontrava larghissima richiesta. La si vendeva a peso per usi prevalentemente alimentari (conservazione di merci deperibili, preparazione di gelati…) o anche per curare ascessi, contusioni, febbri. Salvo locali adattati alla bisogna come grotte e cantine, le neviere erano fabbricate ad arte e con gli stessi criteri riservati alle cisterne dell’acqua piovana. Collocate nei declivi dei campi (da noi ne restano diversi ruderi sulle Murge) le neviere consentivano che la neve venisse spinta e fatta rotolare dall’alto verso il basso. Con notevole risparmio di tempo e di fatica si potevano così accumulare ingenti quantità di neve all’interno di questi locali in pietra, seminterrati e dalla volta a botte. Per guadagnare spazio la neve veniva pressata a colpi di badile (sì che quando era il momento di prelevarla, se la si trovava ghiacciata, bisognava lavorare a colpi di piccone). Per evitare che la neve si sciogliesse, si ricorreva ad astuti escamotage : Sul fondo del locale si creava una sorta di intercapedine ottenuta stendendo sarmenti a strati. Su questa prima intercapedine, poi, veniva adagiato uno spesso strato di paglia (e ancora per gli stessi motivi si foderavano di strati di paglia anche le pareti della neviera). In questo modo l’acqua di sgocciolamento, che comunque si veniva a formare, invece di restare a contatto con la neve andava a depositarsi in alcune vasche ; oppure veniva drenata dal terreno sottostante attraverso fori praticati sul pavimento della neviera. Per contrastare l’azione del caldo in superficie, si evitava che le chianche adagiate sulla volta restassero esposte ai raggi del sole. Le si copriva perciò di uno strato di terriccio ; l’erba che vi cresceva accentuava l’azione termica. Al momento del prelievo della merce bisognava prestare attenzione : la neve poteva essere di prima o di seconda scelta. Quella di prima scelta (la neve ‘da bicchiere’) doveva essere ‘bianca, trasparente e mangiabile’, come disposto dall’Autorità, che era molto attenta in proposito vista la possibilità di effettuare prelievi fiscali. La neve di prima scelta era più costosa di quella di seconda scelta, quella cioè raccolta in prossimità del fondo della neviera e che perciò poteva essere sporca di terriccio, sterpi e foglie secche. Il trasporto della neve a caffetterie, mercati ed ospedali avveniva conferendo la merce dentro ceste di vimini foderate di paglia e coperte da panni tenuti costantemente umidi.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 23 Luglio 2015

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