Nicola Pende, la via italiana al razzismo
Il 21 aprile 1880 nasceva a Noicattaro Nicola Pende, endocrinologo di fama mondiale, più volte candidato al premio Nobel per la medicina. A lui si deve una scuola di classificazione in materia di biotipologia, quella branca della biologia che in base a caratteristiche di ordine anatomico, umorale, funzionale e psicologica distingue un individuo dall’altro. Per dirla con parole sue, “la scienza dell’architettura e dell’ingegneria del corpo umano”. Nel 1926 fondò a Genova l’Istituto di Biotipologia, che mirava al miglioramento fisico, morale e intellettuale dell’italiano. Questo suo progetto di “bonifica umana razionale” incontrò subito il favore delle Istituzioni, in quegli anni al lavoro per costruire ‘l’uomo nuovo fascista’. Ciò avvicinò Pende alle più alte sfere del Regime. Nel 1938, quando sul primo numero della rivista ‘La difesa della razza’ (vedi immagine) faceva apparizione il ‘Manifesto della razza’, il nome dello scienziato pugliese compariva tra i primi dieci firmatari dell’odioso documento. Ma ecco il punto, a quel documento non corrispondeva alcuna dichiarazione firmata di proprio pugno dagli interessati e consegnata al direttore della rivista. Arbitrariamente Mussolini, il quale in buona parte era estensore del Manifesto, aggiunse i nomi più in vista della scienza medica italiana confidando sul fatto che nessuno avrebbe osato protestare. Ma Pende, che aveva un’idea ‘italiana’ del razzismo, idea comunque deprecabile e tuttavia in contrasto con quella ben più sanguinaria di matrice tedesca, si dissociò dal Manifesto. Tanto non fu sufficiente, a guerra finita, a scansargli il processo per “collaborazione grave col Fascismo”. Il 15 maggio 1946 la Corte d’Appello di Roma escluse ogni responsabilità di Pende nella promulgazione delle Leggi Razziali e dichiarò di non doversi promuovere l’azione penale. Ugualmente, l’endocrinologo venne sospeso dall’insegnamento. Solo nel 1948, con una sentenza dell’8 luglio, la Corte di Cassazione gli riconosceva il reintegro nella cattedra dell’Istituto di Patologia Medica dell’Università di Roma. Determinante nel reintegro fu l’intervento di Giuseppe Nathan, commissario dell’Unione delle comunità ebraiche il quale dichiarò che durante il rastrellamento del ghetto di Roma del 1943 Nicola Pende, diede ricovero ad alcuni israeliti i quali nella confusione del momento aveva trovato rifugio negli ambienti del Policlinico romano. Così il Professore continuò ad insegnare sino al raggiungimento dei limiti di età, nel 1955. Morì a Roma nel 1970. Visse gli ultimi quindici anni appartato, continuando a dedicarsi ai suoi studi senza però più pubblicare saggi.
Italo Interesse
Pubblicato il 21 Aprile 2018