Nicola Serino, per il riscatto dei ferrovieri
Le origini del Sindacato Ferrovieri Italiani risalgono a prima della Grande Guerra. A dare vita a questa organizzazione e a tenerla in vita sino all’avvento del fascismo furono uomini coraggiosi e integerrimi. Uno di questi era nato in Puglia nel 1876, a Castellaneta. Iscritto sin da giovanissimo al Partito Socialista, aveva buona cultura. La sua carriera nelle Ferrovie dello Stato era cominciata tardissimo, nel 1914, cioè all’età di 38 anni, a Bologna. A spingere Serino nel capoluogo emiliano non era stata la necessità di buscarsi il pane, quanto l’urgenza di trovarsi in prima fila là dove gli interessi dei lavoratori erano in fermento. Entrato in servizio con una qualifica adeguata al titolo di studio, Serino prese subito parte agli scioperi della ‘settimana rossa’. Forse perché già segnalato dalla polizia come agitatore, venne retrocesso di grado e spedito a Modica, in Sicilia. Tre anni dopo, a causa dei vuoti creatisi negli organici in conseguenza della chiamata alle armi, fu reintegrato tra i ferrovieri di Bologna con la stessa qualifica di partenza. A Bologna lo nominarono segretario provinciale del SFI e dirigente nazionale della stessa organizzazione. Nel 1920 Serino toccò l’apice del successo con l’elezione a consigliere comunale. Il 21 novembre dello stesso anno, mentre si svolgeva la cerimonia di investitura della Giunta socialista a Palazzo d’Accursio, si scatenarono in piazza tafferugli tra fascisti e socialisti. Una decina di persone, tra cui l’avvocato Giulio Giordano, persero la vita ; una sessantina i feriti. Non paghi, i fascisti scatenarono una caccia al socialista che durò un mese. Cominciarono le prime persecuzioni anche a danno di Serino il quale, per essersi rifiutato di lavorare il 1° maggio, venne punito con una nuova retrocessione di grado. L’anno seguente, il 1923, per aver organizzato, prendendovi anche parte, lo Sciopero Legalitario indetto dall’Alleanza del Lavoro, fu ancora retrocesso, questa volta da conduttore capo a semplice conduttore. I fascisti, che divenuti sempre più potenti non gli davano tregua, riuscirono a farlo sottoporre a processo penale. Il sindacalista pugliese ne uscì con una condanna a tre mesi di sospensione dal lavoro e una multa di 500 lire. Non domo, continuò a svolgere attività sindacale e lotta antifascista fino a quando non gli venne notificato il licenziamento “per scarso rendimento”. Due mesi dopo la Polizia lo arrestava senza una specifica imputazione per rispedirlo con foglio di via al suo paese d’origine. A Castellaneta si ritrovò sottoposto ad un regime di persecuzione talmente soffocante da chiedere ed ottenere di auto confinarsi a Ercolano, dove si spense il 27 giugno 1926. Aveva cinquant’anni.
Italo Interesse
Pubblicato il 27 Giugno 2015