Niente di indegno, niente di insigne
Il 25 del mese scorso, Amélie Nothomb è stata a Bari per presentare il suo ultimo romanzo, ‘Il delitto del Conte Neville’ (Edizioni Voland). Il libro racconta in meno di cento pagine la storia di un aristocratico attempato e decaduto che, suggestionato dalla profezia di una chiaroveggente, si vede costretto ad architettare un delitto mostruoso. Pur ambientata nei giorni nostri, la storia appare sospesa nel tempo, sì che non sembrano così remoti i riferimenti al mito : il mancato omicidio di Abramo a danno dell’incolpevole Isacco e sopratutto lo scansato sacrificio della non meno innocente Ifigenia, figlia di Agamennone. Ciò costruisce un clima straniato all’interno del quale Neville si ritrova via via più solo, incapace di uscire dal guaio in cui un pensiero contorto l’ha cacciato. Dietro tale senso di impotenza sembra nascondersi la crescente difficoltà della stessa autrice a chiudere il cerchio. E’ come se la Nothomb, che parte da uno spunto intrigante, andasse avanti pagina dopo pagina senza porsi il problema di come mettere fine alla storia, nell’idea di pescare in itinere la soluzione. E invece la soluzione fatica a prendere corpo. Il che mette l’autrice nelle stesse condizioni di Neville, il quale sino all’ultimo momento ignora quale piega prenderanno le cose. Per fortuna dell’aristocratico, alla fine la Nothomb (che comunque un partito doveva prenderlo) prende la scure e pianta un colpo secco nella seconda metà dell’ultima pagina. Una soluzione affrettata, un po’ gettata lì, anche banale, che stride con la grandeur del mito costantemente richiamata. La Nothomb dà l’impressione di non volersi assumere le proprie responsabilità, di fuggire nettandosi le mani nel primo lavacro disponibile. Si può dire che l’autrice qui sprechi uno spunto che avrebbe meritato migliore sviluppo. Era lecito aspettarsi di più da una scrittrice che nemmeno cinquantenne è giunta al suo ventiquattresimo romanzo e che per di più è stata premiata con il Grand Prix du Roman de l’Académie Française, il Prix Internet du Livre, il Prix de Flore, il Prix du Jury Jean Giono… (nel risvolto di copertina non si accenna ad alcun riconoscimento oltre i confini francesi. La lista era troppo lunga, si è voluto abbreviare?…). In definitiva, come giudicare ‘Il delitto del conte Neville?’. Volentieri lasciamo l’incombenza alla Nothomb la quale a un certo punto, rovistando nel pensiero del protagonista, gli fa dire che uccidendo un tale tesoriere dalla voce nasale “avrebbe dato un senso alla sua esistenza. Se non aveva mai commesso niente di indegno, non aveva neanche commesso niente di insigne”. Bene, estrapolando sei parole, si può comporre un ‘niente di indegno, niente di insigne”.
Italo Interesse
Pubblicato il 8 Marzo 2016