Cronaca

Non c’è tregua: avvocati e associazioni non rinunciano al ‘diritto di tribuna’

E’ lungo, molto lungo l’elenco di avvocati e associazioni forensi della Terra di Bari che hanno sottoscritto col proprio nome e cognome il “fermo dissenso” assunta dai magistrati di estrometterli dalle sedute del Consiglio Giudiziario, seppure soltanto per assistervi. Un elenco che merita di essere pubblicato nome per nome, associazione per associazione in una ‘querelle’ ancora senza sbocchi e che va avanti dalla fine dello scorso anno in seguito, appunto, alla decisione unilaterale – assunta a maggioranza – del Consiglio Giudiziario presso la Corte di Appello di Bari con cui è stato soppresso il cosiddetto “diritto di tribuna” per i quattro Consiglieri laici e cioè tre avvocati ed un docente universitario, designati, rispettivamente, dal Consiglio Nazionale Forense e dal Ministero dell’istruzione. Una scelta “improvvisa e improvvida” quella di cacciare gli avvocati e professori dal tavolo della giustizia, si legge nell’ultimo comunicato licenziato dalle toghe baresi, rappresentanti di un’Avvocatura ritenuta ‘soggetto estraneo’ alla Giurisdizione dalla locale Magistratura. La sezione barese dell’Associazione Nazionale Magistrati ha sfoderato parole mielate, per cercare di giustificare la decisione, paventando però alla fine il pericolo conseguente “all’immagazzinamento silente di una massa di informazioni delicate e sensibili a opera di singoli avvocati quotidianamente impegnati nelle attività professionali dinanzi ai magistrati giudicati”. Come se gli avvocati e docenti che assistono alle sedute che assumono decisioni anche su carriere e provvedimenti sui magistrati usassero le notizie acquisite impropriamente, magari per scopi personali. Davvero sconcertante, dunque, il sospetto dell’uso distorto e strumentale, in ambito professionale, delle informazioni acquisite nell’esercizio del <<diritto di tribuna>> da parte degli avvocati componenti del Consiglio Giudiziario, un giudizio che appare “”profondamente irrispettoso della funzione dell’Avvocatura””, si legge nell’ultimo comunicato licenziato ieri da una miriade di associazioni togate. Parole da fioretto che invece, nel gergo giudiziario, denotano un malessere profondo e senza precedenti, nel distretto giudiziario barese. Un vero solco che, almeno per adesso, appare incolmabile. Anche perchè, come annotano ancora gli avvocati, la riservatezza su dati sensibili riguardanti salute o vita privata dei singoli magistrati del distretto è già tutelata dalla sospensione del diritto di tribuna nel caso in cui ricorrano particolari esigenze, per cui la decisione di mettere alla porta chi non è magistrato, sembra proprio offrire una “”visione distorta, dei rapporti tra Magistratura e Avvocatura””. Rapporti che, invece, dovrebbero essere basati su dialogo e confronto nel rispetto di <<autonomia ed indipendenza>>, con la condivisione delle informazioni preordinate al miglior funzionamento delle Istituzioni. E allora, vogliamo dirla tutta? Nel documento gli avvocati non ci stanno a girare attorno: la decisione di estromettere il Foro e l’Accademia dal dibattito sulla valutazione di professionalità dei Magistrati sottende la volontà di allontanare l’intera collettività dalla Giurisdizione. Tutto ciò proprio quando appare necessario non determinare fratture nel ‘delicatissimo rapporto tra magistratura e collettività’. Rapporto espresso -guarda caso – proprio in seno al Consiglio Giudiziario dalla presenza di avvocati e docenti, considerando che il collegamento tra Popolo e Magistratura ha fondamento costituzionale, che la giustizia è amministrata in nome del Popolo e che l’ordinamento conosce molteplici forme di partecipazione diretta del Popolo all’amministrazione giudiziaria. Tutti aspetti che evidentemente, la ‘casta togata’ pare aver scordato in fretta. E dunque, pur nel rispetto dei ruoli specifici di avvocati e magistrati, la decisione di associazioni e avvocati baresi è quella di non farsi intimorire e proseguire sulla strada del dialogo, certo, ma col riconoscimento d’un diritto basilare qual è quello della trasparenza. Per conto di quel Popolo Italiano in nome del quale si ‘dicono’ le sentenze di ogni merito e grado, nel nostro Paese…firmato camera amministrativa di Bari.

Francesco De Martino


Pubblicato il 8 Gennaio 2021

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