Cultura e Spettacoli

Non c’è un servizio che funzioni nell’italietta

Presto detto! Non c’è un servizio che funzioni nell’italietta: non la sanità; non la scuola; non i trasporti; non la fiscalità (con la grande evasione si è di manica larga, con condoni decisi dal governo o da chi, in cambio di oboli, più o meno consistenti, dovrebbe controllare l’onestà e la veridicità delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche o delle imprese grandi o piccole operanti nelle varie attività umane. Invece, con la piccola, a volte, insignificante evasione, causata da errori o manifeste distrazioni si è di una irremovibile, implacabile precisione. Leggo, stamane, dal “Corriere della Sera” che il comune di casale cremasco, in provincia di cremona, ha ricevuto una cartella esattoriale di 8 centesimi per un arretrato di luce ed acqua con l’autorità per l’energia),  non ecc., ecc., ecc. Spesso, del cattivo funzionamento della macchina statale si colpevolizza la “burocrazia” (parola composta da “bureau, ufficio” e “cratia, potere”). Quindi, la “burocrazia” non è una inappellabile, irraggiungibile, misteriosa entità metafisica, ineffabile, disincarnata. E’ un potere esercitato da, non di rado, omuncoli in carne ed ossa, come possono essere i nostri vicini della porta accanto, i nostri conoscenti, che in un paese a democrazia fragile, per Dirla con Eugenio Scalari, vanno in ufficio o dirigono un ufficio, dimenticando che “Officium” in Latino ha l’ Etica Semanticità di “Dovere” (Altro che lingua morta la “Lingua  Latina”! Se alle parole in Lingua Italiana vogliamo dare la funzione pregnante di Guida della nostra Condotta di Cittadini, dobbiamo Interpellare la Madre di Essa: la “Lingua Latina”, appunto!). “Dovere” di servire il Prossimo! Nonostante tutto, ogni tanto nelle nostre interpersonali relazioni non è detto che dobbiamo fare i conti, sempre, con disanimate “mezzemaniche”, per le quali il “prossimo” non è costituito da altri che da “papà, mammà, u cicì cu baccalà”. Possiamo Incontrare, anche, qualche Uomo che Consideri qualsiasi altro Uomo, che a Lui Si Rivolga per una informazione, un consiglio, un aiuto, non il vicino e nemmeno  il più vicino di altri, ma il vicinissimo al suo Cuore, alla sua Mente nei confronti del quale è Disposto a Mettere in Opra tutta la sua Intelligenza e le sue Competenze. Dall’avverbio Latino, infatti,”prope”, vicino, si ha il comparativo, “proprior”, il più vicino, il superlativo, “proximus”, il vicinissimo. “Tamen”, come abbiamo,”saepe”, Ribadito, il Discorso Sociologico non può non essere supportato dai grandi numeri,  senza operare non motivate generalizzazioni. Quando il Cittadino Si reca in un ufficio qualsiasi, di qualsivoglia importanza, nella Speranza di  Incontrare un altro Cittadino, che è in quel luogo per fare il suo Dovere di ServirLo, e ,”contra”, trova una “persona” (maschera) che non ha lasciato a casa il suo “privato”, ma lo ha trasportato di peso nel luogo ove, inderogabilmente, dovrebbe Servire il “Prossimo”, che non è tale per parentale consanguineità, ma per umana, terrestre somiglianza, allora, si vedono facce annoiate, incarognite, schifate che non producono discorsi logici, sebbene grugniti che provengono dal loro “privato”, costretto, sia pur per qualche istante, a non essere più prioritario nello scorrere delle ore in cui, suo malgrado, il “travet” dovrebbe occuparsi di problemi che non sono, assolutamente, i suoi problemi. Facce che devono applicare Norme, per regolare fatti, eventi, situazioni, rammentando, però, che le Norme hanno la caratteristica di essere astratte, non dal reale, ma da particolari aspetti, manifestazioni del reale, perché possano contemplare, il più possibile, il reale, totalizzarlo. Pertanto, l’applicazione della Norma ai precipui fatti, situazioni, eventi reali, deve essere fatta, come Diceva il nostro Maestro di Diritto Privato, Aurelio Candian, con il “regolo lesbio”, pieghevole, adattabile, stirabile, in considerazione delle  innumerabili conformazioni di fatti simili, comunque, agitati in contesti diversi, tempi diversi da diversi attori. All’equità della Legge, della Norma Ascende l’ Interprete discreto che La Osserva con competente Diligenza. Ciò Detto, per la prima volta, da quando il ”Quotidiano di Bari” Ospita i miei Scritti,  ho bisogno di Raccontare un fatto di “mala burocrazia” che MI è occorso, che offre la stura a quanto e perché si viva nell’italietta, ovviamente, fatta di italiettini, di condominiale sottocultura. Da un “centro benessere” privato abruzzese aspettavo un vaglia di una qualche consistenza, ché l’amministrazione di esso, da una verifica, s’era accorta che avevo pagato il mio soggiorno in esso molto di più di quanto era stato pattuito. Avendo IO notato il non giustificato ritardo del vaglia, ne avevo chiesto le motivazioni al direttore amministrativo della struttura, di cui sopra. MI fu risposto che il vaglia era stato effettuato il 26 maggio 2015 e che era in giacenza presso l’ufficio postale di bitonto dal 3 giugno 2015. Immantinente, MI Reco, per informazioni, nella sala delle poste centrali di bitonto, ove stazionano le signore che offrono consulenze agli eventuali investitori in titoli postali e fui ricevuto da una delle signore, di cui sopra, tanto entusiasta nel vederMI, quando MI deve, interessatamente, indicare qualche titolo postale in cui investire i miei sudati risparmi, quanto con il visino seccato, scocciato, quando MI deve fornire cordiali informazioni sull’andamento dei miei investimenti. La femminuccia, di cui sopra, infatti, con aria di supponente freddezza MI diede una “dritta” errata (Chiedo scusa dell’”ossimoro”): ”Del vaglia smarrito si doveva occupare l’ufficio smistamento delle poste di bitonto”.  Invece, era stato proprio un impiegato dell’ufficio centrale delle poste bitontine, addetto a “lavorare” (in gergo) le raccomandate, che, stoltamente, disumanamente, con astrale indifferenza, avendo notato che il mittente del vaglia non aveva indicato (udite, udite, udite!) il numero civico del Cittadino Destinatario, Conosciutissimo in bitonto, abitante nella via, tra l’altro, con correttezza indicata dal mittente, aveva stabilito che il vaglia non era corredato di indirizzo completo e l’aveva rispedito al mittente. Una vaga inezia nella compilazione dell’indirizzo del Destinatario del vaglia che si sarebbe potuta dirimere se il “travet” dell’ufficio postale centrale avesse interpellato i tre postini che distribuiscono la posta nella via, in cui Abito, uno dei quali gli avrebbe comunicato il numero civico esatto della mia ultrasettantennale residenza. Ma simili cordiali cure non sono farina nel/del sacco, umanamente, asfittico degli arroganti omuncoli della ciurma burocratica italiettina.! Ritorniamo, quindi, al Discorso, di cui sopra, della Norma che va Interpretata e Applicata con Diligenza da Colui che prima di essere un burocrate è necessario che sia un Uomo: pur se il regolamento delle poste prescriva che alla consegna di un titolo postale si possa dar seguito solo se il mittente indichi con precisa completezza l’indirizzo del Destinatario (Nome, Cognome, Città, codice di avviamento postale, via, numero civico), è, altrettanto, “igienico” che siffatta Norma andrebbe applicata “cum grano salis”, cioè, tenendo conto della eventuale, facilissima conoscibilità del soggetto Destinatario in una località, che non potrebbe dirsi una metropoli; che andrebbero da parte dei “timbracoli postali” esperite tutte le possibilità di rintracciabilità del Destinatario di un titolo postale, prima di far giocare a tamburello mittente e Destinatario di una transazione per mezzo delle poste italiettine. Ma un andreottiano “pensar male” MI farebbe, addirittura, assolvere il “travet” delle poste bitontine che, ligio, tal schiavo, servo, a una Norma calatagli dall’alto, MI ha costretto, come dianzi Dicevo, a giocare a tamburello con il mittente del vaglia, che aspettavo: non sarà che i “travet”,  incaricati di “lavorare” i vaglia postali, ricevano, dai loro boiardi al vertice della loro azienda, direttive di essere, maniacalmente, inflessibili nel rinvenire le più impercettibili imprecisioni nella compilazione dei vaglia postali, ché nel gioco al tamburello tra mittenti e Destinatari, sarebbero le poste italiettini a guadagnarci, col blocco “ad infinitum” di somme, che con pretesti vari non si consegnano ai legittimi aventi diritto ? Meditate gente! Sono stato qualche giorno fa aggredito su “facebook” da un branco di iene madri che si cibano  di carogne e di rifiuti della più vieta sottocultura dell’inciviltà dei consumi. Non so cosa succeda in altri “borghi selvaggi”, confinanti con bitonto o da esso lontani, ma non se ne può più di leggere sui “media locali” che la tal scuoletta elementare, la tal secondaria di primo grado, il tal liceo classico, scientifico, il tal istituto commerciale, ecc., ecc., ecc. hanno presentato nel tal teatro, perfino al S.Carlo di Napoli, spettacoli di fine anno. Prioritario nella scuola italiettina, non solo in quella di bitonto, non è più l’Apprendimento di Abilità, di Competenze che Costituiscono le Fondamenta per Costruire nel singolo adolescente le grandi Cattedrali del Sapere e della Conoscenza o lo Sfondo Generale di Cultura Umanistica e Scientifica e Tecnologica su cui incastonare, quali stelle luminose in un cielo azzurro, i Percorsi Specialistici della Facoltà Universitaria, scelta dal singolo giovane. Nella scuola dell’obbligo e nella secondaria di secondo grado non si parla più di Sviluppi Programmatici delle Discipline Curriculari, Finalizzati a Trasmettere alle nuove generazioni, non  il Sapere del passato, ma il Processo Storico, Umanistico e Scientifico, che ha portato l’Uomo ad Essere, vieppiù, Padrone di Sé e della Casa in cui Abita, cioè della Natura. Senza la Storicizzazione dell’Acquisizione della Conoscenza, nel duplice Aspetto, Ripeto, Scientifico e Umanistico,  da parte dell’Umanità, non c’è Cultura, Visione del Mondo che possa Intervenire sul presente e Possibilità alcuna di Elaborare Progetti da Gettare, Direzionare nel futuro, ché Risolvano i problemi irrisolti nel passato e nel presente. “Homo Novus” è Colui che Mira al suo Futuro e a Quello dell’Umanità Intera, avendo in groppa il pesante Bagaglio Culturale del passato con Fatica, con Sacrifici, con Rinunce Trasportato nel presente. La Scuola non è il luogo del divertimento, volgarmente, rozzamente, inteso; se mai è il luogo del “Devertere” Latino: del Volgersi altrove; dello Scostarsi dal proprio destino di maschio o femmina qualunque, dell’Andare Ospite in Casa dei Grandi di sempre che, benignamente, ci Accoglieranno se ci saremo Preparati ad essere Uomini e Donne, Spiritualmente, Dissonanti dal “pensierucolo unico” del coro, come Essi furono. Genitorucoli, Insegnantucoli, Dirigentucoli scolastici, incapaci di (dis)educare adolescenti, giovani a liberarsi dei baconiani  “idola tribus”, della società, facendo, machiavelliano, Capitale della “Paideia” degli Uomini che non Vissero, invano, lasciando una traccia delle loro Ricerche in Campo Letterario, Filosofico, Scientifico, tentano di mascherare la loro impotente, manifesta ignoranza, trasformando la scuola in un ignobile “zecchino d’oro”, sentendosi gratificati delle precoci doti di giullari dei loro infanti. La “buona scuola” per costoro è un continuo, mai, dimesso “carro di tespi”! La goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia immedicabile, ormai, indignazione è stata la notizia, da tutti i media data con ironica indifferenza, che la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia ha istituito un Corso di Grammatica per i futuri avvocati e magistrati in quanto nelle loro tesi di laurea sono stati rivelati orrori di Grammatica, di Sintassi, imprecisioni lessicali, denotanti un possesso molto precario della Lingua Italiana. A questo punto, pur sapendo a quale sorta di linciaggio sarei stato sottoposto da coloro che ”non sanno”, Commentando su un giornale locale ”online” l’enfasi con cui si propagandava ai condòmini bitontini il successo di uno spettacolino dei bambini di una scuoletta primaria, che, a dire dell’estensore della notiziola, avrebbe i teatri riempito, MI azzardai a Scrivere: ”Signori genitori, non intonate l’”alleluia”, ché ciò che i vostri figli, oggi, non fanno, per essere impegnati in continui “zecchini d’oro”, saranno costretti a fare domani, addirittura, all’Università, se non si disperderanno, a causa vostra e dei loro insegnantucoli, cammin facendo verso di Essa”. Colpiti nella vigliacca sicumera di far fare la “buona scuola” ai loro figli e ai loro scolari, genitorucoli e insegnantucoli MI hanno ferito con una sventagliata su “facebook” di ingenerose insolenze. Ecco perché è italietta la nostra nazione, il nostro paese, ove pascola la dittatura del coro, del “pensiero unico”, Ripeto, in passato elaborato dagli imbecilli al “bar”, dopo un bicchiere di vino, ora si elabora e si propaganda, sempre da parte degli imbecilli, sui ”social network” che hanno promosso, Dice U. Eco, “gli scemi del villaggio a portatori di verità”.

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it             


Pubblicato il 16 Giugno 2015

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