Cultura e Spettacoli

Non sempre il furbo campa la casa

Schiavo di Bari fu un giullare-rimatore vissuto nella nostra città in epoca medievale. XIII. Autore di un trattato morale in lingua volgare che Jacopo da Benevento redasse in latino, Schiavo dovette anche godere della fama di persona di buon senso, tanto da venire eletto arbitro di contese personali. La prova è contenuta in ‘Cento novelle antiche’, raccolta, ad opera di un compilatore rimasto ignoto, di aneddoti e brevi narrazioni che risalgono al Medioevo. La Novella IX presenta il seguente sottotitolo : ‘Qui si conta d’una bella sentenzia che diè lo Schiavo di Bari tra un borghese e un pellegrino’. Veniamo al testo. Un uomo di Bari andò “in romeaggio” (ovvero partì pellegrino per la Terra Santa) e lasciò trecento “bisanti” (divisa aurea bizantina) a un suo amico a queste condizioni : “Io andrò come a Dio piacerà e s’io non rivenissi, daragli (i bisanti –ndr) per l’anima mia. Ma s’io rivengo a certo termine, quello che tu vorrai mi renderai e l’altro riterrai”. Il nostro pellegrino partì alla volta di Gerusalemme. Una volta rientrato a Bari “al termine ordinato”, si recò dall’amico a reclamare il suo. L’amico “rispuose : Come sta il patto?”. Dopo che il pellegrino glielo ebbe ricordato, l’altro rispose : “Ben dicesti… dieci bisanti ti voglio rendere ; i dugento novanta mi tengo”. Al che il pellegrino “cominciò a crucciarsi”. Ma l’amico rispose “soavemente” di essere nel giusto e che era pronto a difendere i propri diritti “dinanzi alla Signoria”. Lo Schiavo fu così interpellato. “Udite le parti”, lo Schiavo Nostro “formò la quistione, onde nacque questa sentenzia”. Lo Schiavo allora “disse così a colui che teneva i bisanti : I dugento novanta ne vuogli? rendili e i dieci che non volevi, ritieni, perocché il patto fu tale : Ciò che tu vorrai mi renderai”… Ovvero : Tu che vai cercando dal pellegrino, 290 monete d’oro? Ebbene, in base al vostro accordo, gli ‘restituirai’ quello che ‘volevi’ (trattenere). Perciò contentati di dieci onesti bisanti e impara a non essere ingrato, avido… e minchione. La sentenza in questione molto somiglia a quella pronunciata in era rinascimentale dal Duca Alessandro Dei Medici, come Alessandro Ceccherelli, libraio e letterato fiorentino del XVI secolo, riporta nel suo ‘Delle azioni e sentenze di Alessandro de’ Medici primo duca di Fiorenza’ (Venezia 1565). Chiamato a pacificare due fratelli in lite a proposito della spartizione dell’eredità paterna, il Duca seppe con un stratagemma del pensiero e della parola far trionfare la giustizia ; il fratello che voleva fare il furbo a danno dell’altro dovette vedersi assegnata quella parte (inferiore) d’eredità che egli voleva vedere assegnata al germano.
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Pubblicato il 10 Ottobre 2011

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