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Nuova messa in scena delle Organizzazioni di categoria per l’etichettatura senza data di scadenza

Immediata levata di scudi di tutte le principali Organizzazioni agricole all’indomani dell’esito della votazione in Commissione politiche dell’Unione europea del Senato che ha esaminato la “Legge” europea del 2015 diretta a modificare l’articolo 7 della legge italiana n. 9 del 2013  ( ndr – la cosiddetta “Legge salva olio”) nella parte in cui prevede un termine minimo di conservazione non superiore ai diciotto mesi per l’olio extra vergine d’oliva. Infatti, il voto della Commissione di Palazzo Madama favorevole all’accoglimento della direttiva della Ue ha subito messo in moto l’ormai nota e consueta “sceneggiata” delle Organizzazioni nazionali di categoria che da un lato protestano contro talune norme non favorevoli ai produttori olivicoli ed oleari, oltre che ai consumatori, ma dall’altro poi si tacciono, in cambio di prebende e contentini vari che il Governo nazionale e la Ue mettono a loro disposizione per tacitare le poteste. “Togliere la data di scadenza dell’olio di oliva per favorire lo smaltimento delle vecchie scorte si traduce – secondo il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – in un grave danno dei consumatori che acquisteranno inconsapevolmente prodotto che, invecchiando, perde le sue benefiche proprietà organolettiche”. Infatti, il Presidente pugliese di Coldiretti ha poi spiegato che “la data di scadenza non sarà più di 18 mesi (ndr – come prevede attualmente l’articolo 7 della “Legge salva olio”), ma potrà essere decisa liberamente dagli stessi imbottigliatori, il che equivale di fatto a cancellarla, poiché ognuno potrà metterla in base ai propri interessi commerciali ed è evidente il rischio che in molti ne approfitteranno per smaltire l’olio vecchio”. E che la solfa delle Organizzazioni categoriali agricole sia sempre la stessa lo si evince anche dal fatto che, anche per una problematica come quella sulla trasparenza nell’etichettatura e, quindi, sull’esigenza di garantire i consumatori di olio extra vergine di oliva dando un minimo di sicurezza sulla qualità del prodotto anche con la certezza nella data di scadenza minima, non c’è unità di intenti. E, quindi, coesione nel contrastare le decisioni della Ue dannose al comparto olivicolo ed oleario italiano. Infatti, anche in questa battaglia dell’etichettatura, verosimilmente già persa per la categoria dei produttori di olio di qualità, i distinguono tra le Organizzazioni non mancano. “Quello che ci interessa davvero e su cui dobbiamo lavorare è veder riconosciuto il prodotto italiano”  ha affermato il presidente nazionale di Copagri, Franco Verrascina, intervenendo ieri a Bari al congresso nazionale della Confederazione. Prodotto nazionale che – sempre secondo Verrascina – non si valorizza con una data di scadenza o un’etichetta, ma facendo capire cosa c’é dietro, la qualità, la storia, la cultura, la tradizione e la territorialità”. Invece, per il presidente di Confagricoltura Puglia, Donato Rossi, intervenuto nella mattinata di giovedì a Bari, in occasione dell’incontro sul tema: “Psr Puglia 2014-2020”, promosso dalla nota Organizzazione degli imprenditori agricoli da lui rappresentata a livello regionale,  “L’etichettatura è uno dei problemi importanti, perché deve essere più chiara, descrittiva e trasparente per far capire ai consumatori che tipo di prodotto si acquista”. “La data di scadenza – ha poi aggiunto Rossi – é uno degli elementi, ma é la qualità dell’olio a fare la differenza”. E già da queste poche battute ben si comprende che non c’è alcuna sintonia tra le principali Organizzazioni nell’affrontare un problema alquanto semplice qual è l’obbligatorietà del termine minimo di scadenza in etichetta per l’olio d’oliva. Scadenza che, a voler essere tecnicamente precisi, gli esperti del settore assicurano che se l’olio è ben conservato, riguarda essenzialmente il contenitore del prodotto e non il contenuto. Infatti, spiega qualche tecnico del comparto oliario, l’olio d’oliva a contatto con la superficie di taluni contenitori, ad esempio banda stagnata per le lattine o pet per bottiglie e taniche, dopo un certo periodo di tempo innesca determinate reazioni chimiche nel materiale del contenitore, con il rilascio nel liquido di contatto, quindi l’olio, di sostanza che potrebbero essere nocive alla salute umana, se ingerite in dose superiori al consentito. E questo – assicura qualche esperto – è il principale e vero problema per cui è necessario che la data di scadenza venga mantenuta nell’etichettatura delle confezioni di olio d’oliva. Come pure, lo stesso esperto, afferma che per l’olio contenuto in vetro il rischio contaminazione non c’è. E, quindi, in teoria non ci sarebbe neppure alcun bisogno di indicare alcuna data di scadenza.   

 

 

Le contraddizioni e i paradossi di chi guida la politica agroalimentare italiana

 

“Che il comparto agricolo italiano, in particolare quello olivicolo ed oliario, sia la “cenerentola” della politica economica ed agroalimentare della Ue è cosa ormai risaputa. Ma credere che anche tutti gli operatori italiani del settore abbiano ancora l’anello al naso o le bende agli occhi, ci sembra davvero troppo”. E’ questa in sintesi la dura affermazione con cui qualche operatore pugliese della filiera produttiva dell’olio extra vergine di oliva ha commentato le dichiarazioni rilasciate a margine del Congresso nazionale di Copagri in corso a Bari, dall’ex ministro pugliese alle Politiche agricole ed alimentari ed attualmente coordinatore del gruppo dei “Socialisti e democratici” nella commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro (Pd). Infatti l’ex ministro all’Agricoltura, parlando della recente decisione della Ue di far entrare nel mercato comunitario ulteriori  35mila tonnellate l’anno di olio extra vergine di oliva dalla Tunisia, senza alcun dazio, ha asserito: “L’errore politico rimane, ma l’impatto economico sarà limitato”. L’eurodeputato del Pd ha spiegato, poi, che a mettere al riparo i produttori italiani del settore da eventuali rischi ci sono due provvedimenti: “La etichettatura obbligatoria, quindi l’obbligo dell’origine; e il divieto di replica di questo provvedimento che finisce in due anni, e non ha possibilità di proroga”. L’ingresso dell’olio tunisino, ha sottolineato De Castro, “noi l’abbiamo bocciato perché é sbagliato nell’intento principale, cioè quello di aiutare i tunisini”. Inoltre, ha sempre rilevato l’esponente parlamentare europeo del Pd,  “Il nostro Paese importa ogni anno 600mila tonnellate di olio (ndr – d’oliva), prevalentemente da Spagna e Grecia. E quasi tutta l’intera produzione tunisina già entra (ndr – in Italia). Solo che una parte di questo olio oggi non pagherà il dazio”. Da non dimenticare che la quantità di olio d’oliva tunisino che già entrava senza dazio ammonta a circa 57mila tonnellate l’anno. Quindi, ha rilevato De Castro, “Non mi aspetto un impatto sconvolgente sul mercato, ma é sbagliato il modo. Non é stata fatta nessuna analisi di impatto su questa misura, né é stato coinvolto il Parlamento (ndr. – italiano). Abbiamo avuto la co-decisone con Lisbona e ci siamo dovuti bere una proposta senza poter partecipare alla costruzione di qualcosa di più utile ai tunisini e magari politicamente poi gestibile per noi”. E proprio su queste frasi si è sollevato ancor di più lo sconcerto di chi critica l’operato del governo nazionale con la Ue sulla questione dell’olio tunisino. Infatti, ha commentato lo stesso operatore, che ha esclamato: “Ma come è possibile che De Castro sostenga che loro l’hanno bocciata tale proposta!”. Come si ricorderà, infatti, la proposta di incrementare l’importazione di olio tunisino nella Commissione commercio internazionale del Parlamento di Bruxelles passò anche con i voti favorevoli di due eurodeputati italiani del Pd. “Ma l’aspetto più paradossale di queste affermazioni di De Castro – ha rilevato sempre lo stesso operatore di filiera – è che nel corso del discorso prima ha esordito affermando che l’impatto economico (dell’incremento di olio tunisino) sarà limitato per il mercato nazionale e nel corso dello stesso ragionamento, subito dopo, ammette che non è stata fatta nessuna analisi di impatto su questa misura!”. Ma a quanto pare l’ex ministro la risposta a queste contraddizioni se la sia data da solo. Infatti,  De Castro si è pure domandato: “Perché in questo momento proprio l’olio?” E continuando: “Potevamo prendere un altro settore diverso dall’agricoltura, o nell’ambito dell’agricoltura potevamo prendere diversi settori”. “Cioè – ha concluso il capogruppo del Pse in Commissione agricoltura della Ue – fare una cosa e, visto che la proponeva l’Italia, magari trovare una cosa più equilibrata”. E su quest’ultima frase di De Castro è intervenuta un’affermazione ancor più dura, ma significativa, di chi critica la politica agricola dell’Italia nel rapporto con la Ue: “E’ meno male che l’eurodeputato del Pd la risposta se le data da solo!”. Una risposta che evidentemente conferma la dura considerazione iniziale di chi si lamenta del trattamento riservato dall’Europa alla filiera italiana dell’olio d’oliva

 

 

 

Giuseppe Palella

 


Pubblicato il 8 Aprile 2016

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