Cronaca

Nuova sede del Consiglio: ritardi, forzature e prezzi alle stelle

I numeri parlano chiaro: da 39 milioni e mezzo a 95 milioni, costo quasi triplicato quello della nuova sede del Consiglio regionale della Puglia di cui si è parlato ieri mattina nel corso della conferenza del Movimento 5 stelle, cui sono intervenuti i consiglieri Antonella Laricchia, Grazia di Bari e Gianluca Bozzetti. Un progetto che risale al 2003 e che secondo Antonella Laricchia rappresenta “uno dei più grandi scandali di realizzazione di un’opera pubblica, fatto ancora più grave se si considera che si tratta del luogo in cui ha sede un’istituzione”. E così, dopo un anno di approfondimenti, è stato ricostruito un quadro contrassegnato da ritardi e da un aumento esponenziale dei costi: 1000 giorni di sospensione dei lavori senza giustificazioni plausibili per un’opera ritenuta strategica e continue varianti avvenute sia in fase di progettazione (dal 2003 al 2010) che in corso d’opera (dal 2012 ad oggi) per un totale di circa 54 milioni di euro. L’ultima, da 19 milioni e 579mila euro è stata approvata dalla Giunta Emiliano nel 2015 e tra le spese esaminate, sono state evidenziate “scelte che non rispettano – come stigmatizzato dai cinquestelle – i principi di economicità, efficacia ed efficienza a cui deve conformarsi l’attività della pubblica amministrazione”. Senza parlare delle parcelle ai progettisti, la cui entità è lievitata nel corso degli anni da 3 mila a 12 mila euro (in quanto legata all’importo dei lavori) e delle spese per il canone di locazione della sede di via Capruzzi prolungato per altri quattro anni per un ammontare di 6 milioni 350mila euro. Sotto osservazione pure i costi sostenuti per l’acquisto di plafoniere e per la realizzazione di controsoffitti e pareti divisorie. Con un atto di servizio, la Regione Puglia ha autorizzato la sostituzione di lampade al neon – previste inizialmente – con quelle a led, scegliendo un prodotto dal prezzo unitario di 637 euro, che ha fatto crescere la spesa complessiva da 199 mila euro a 1 milione 42mila euro. Un aumento di 56 euro al metro quadro è stato calcolato invece per il miglioramento acustico dei pannelli del controsoffitto, mentre 112mila euro è l’aggravio per la scelta delle pareti divisorie.

“Questi sono alcuni esempi delle irregolarità riscontrate – hanno concluso i pentastellati – che saranno oggetto di esposti indirizzati alla Corte dei Conti, all’Anac e alla Procura della Repubblica per danno erariale e d’immagine, oltre ad una mozione che il gruppo presenterà in Aula riguardante le parcelle dei progettisti”. Insomma, uno scandalo da manuale che finora, però, è costato soldi a palate solo ai bilanci del Pubblico Erario, senza accertare altre reponsabilità, nonostante la singolarità di un progetto che avrebbe dovuto garantire la realizzazione dell’opera con 39,5 milioni ma che già nei successivi sette anni ha richiesto varianti per oltre 27 milioni, arrivando  quasi a raddoppiare l’importo iniziale. Varianti progettuali che, come detto, non sempre hanno convinto i consiglieri pentastellati: “In alcuni casi si stanziavano milioni di euro per adeguare alle sopravvenute normative antisismiche un progetto che già dal 2003 doveva essere rispondente alle normative antisismiche. Il sospetto espresso non da noi, ma dalla stessa Regione nel momento in cui si era costituita parte civile nella memoria difensiva depositata presso il GUP del Tribunale di Bari in data 04/07/08 è che il costo dell’opera fosse stato <<artatamente “compresso” nell’importo di 39,5 milioni di euro (immediatamente al di sotto del limite massimo) al solo fine di rientrare nei parametri imposti dal bando, per poi assumere portata reale in relazione alle effettive esigenze ed ai contenuti del progetto>>.” Vale la pena ricordare che dal 21 marzo 2012 sono stati avviati lavori mai terminati, con un’assurda dilatazione dei tempi che forse in altre regioni avrebbe portato come minimo alla sospensione dei lavori, per accertare le cause: se dai 2310 giorni dall’inizio dei lavori ad oggi, sottraiamo i 729 giorni stabiliti in contratto per concludere l’opera e anche gli ulteriori 315 giorni delle prime 4 varianti, e anche ipotizzando, per mera ipotesi, una proroga per la 5a variante di altri 300 giorni, rimarrebbero quasi 1000 giorni di sospensione lavori, assolutamente inspiegabili. Ma i Cinquestelle pugliesi hanno scovato altre spese quantomeno sospette, soprattutto tenendo conto che la legge (e in particolare l’art.1 della L. 241/90) impone sia alle pubbliche amministrazioni che ai privati preposti l’esercizio di attività amministrative rispettose dei principi cardine di <<economicità>> <<trasparenza>>ed << efficacia>>” . Solo 830mila euro per 1637 plafoniere, altro che economicità.  “Un po’ come se la Regione –  hanno ironizzato i consiglieri di Minoranza  – volesse fornire a tutti i propri dipendenti delle penne «Montblanc» in oro invece delle correnti penne «biro».”  E non è finita. “Noi abbiamo analizzato solo alcuni articoli di contratto che già sembrano quantomeno sospetti. Siamo certi che gli inquirenti potranno analizzarli tutti. Oggi di sicuro sappiamo chi sta pagando: i costi effettivi per i pugliesi fanno scendere, solo per effetto del ribasso d’asta, l’importo dei 95 milioni a 56.282.550 euro che sommati ai costi  per spese varie di circa 30.833.000 euro, diventano € 87.166.000 di costo totale attuale dell’opera. Soldi pubblici a cui vanno aggiunti anche i costi, per ogni anno di ritardo, dell’affitto dell’attuale sede del Consiglio (1.582.726,12 € all’anno) per un totale di 6.350.904,00€ per gli oltre 4 anni di ritardo.” Ma se da un lato sono i cittadini a pagare c’è anche chi, di fatto, trae un vantaggio volutamente o meno, dall’aumento di tempi e costi. “Sia i progettisti che le imprese che partecipano alle gare d’appalto – hanno spiegato i pentastellati –  percepiscono importi percentuali che crescono al crescere dell’entità dei lavori. In questo caso i progettisti  percepiscono il 12% dell’entità dei lavori, quindi la parcella che nel 2003 era presumibilmente di 3 milioni di euro ora è aumentata con l’aumentare dell’entità dei lavori, arrivando a circa 11.200.310€ alla data del maggio 2016, dunque il 400% in più. Allo stesso modo anche le imprese, in questo caso, percepivano il 49% sull’entità delle opere aggiuntive inserite nelle varianti.”

 

Le responsabilità

 

Laricchia, Bozzetti e Di Bari hanno concluso individuando le precise responsabilità politiche di chi doveva controllare e non l’ha fatto: “Si tratta di esponenti dei vecchi partiti sia di destra che di sinistra.  A cominciare da Raffaele Fitto, Presidente della Regione Puglia nel 2003, ovvero nel periodo di conclusione della gara di progettazione poi dichiarata  «illecita» dalla Cassazione, continuando con il presidente Nichi Vendola, sotto la cui Giunta tutte le varianti progettuali sono andate avanti senza incontrare ostacoli, e il suo assessore alle Opere Pubbliche Fabiano Amati; si arriva poi all’attuale Presidente Michele Emiliano, già governatore quando è stata approvata la 5° variante, la più ingente, per un importo addirittura di oltre 19 milioni. Eppure il 4 maggio 2015 il Consiglio di Stato aveva prescritto l’obbligo per la Regione di valutare il prioritario interesse della Collettività, a ripristinare la legalità, demolendo l’opera e rifacendo la gara di progettazione, con criteri di correttezza e legalità. E ciò quando i lavori erano ancora al 10% di avanzamento. All’epoca il governo Emiliano decise  di andare avanti, stabilendo che la legalità era da considerarsi secondaria rispetto all’interesse finanziario delle Casse Regionali; una evidente contraddizione dal momento che, proprio sotto Emiliano, sulle stesse casse regionali venivano scaricati gli enormi costi della 5° variante, della cui infondatezza si è ampiamente detto. L’auspicio – hanno concluso – è che la nostra azione ora serva ad individuare tutti i responsabili di questa vicenda e soprattutto a restituire giustizia alla Puglia e ai pugliesi.”

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 20 Luglio 2018

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