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Occupazioni, incendi e protocolli: i migranti lasceranno l’ex ‘Socrate’

Dopo l’incendio divampato a Bari pochi giorni prima di Natale all’interno dell’ex Socrate di via Fanelli, prima occupato e poi stabilmente abitato da un centinaio di persone, perlopiù ex migranti (con tanto di certificati di residenza rilasciati dal Comune), ora c’è chi getta acqua sul fuoco dello sgombero, minacciato e poi rapidamente rientrato. Ieri mattina, difatti, il sindaco Decaro ha ricevuto a Palazzo di città una delegazione della comunità dell’ex liceo di proprietà comunale per discutere gli sviluppi del progetto relativo all’uso dell’immobile stesso, redatto in forma preliminare con gli atti relativi a finanziamento e co-finanziamento ottenuto dallo Stato. Un progetto in realtà ‘parcheggiato’ da quasi dieci anni nel limbo delle opere da cantierizzare, sul quale ieri è stata data una bella spolverata. Anzi, <<…la massima disponibilità a soggetti e associazioni coinvolte e presenti all’incontro di ieri mattina, per riattivare il tavolo di co–progettazione. Si tratterebbe, in sostanza, di proseguire il percorso che ha come base il protocollo sottoscritto nel 2014, con la partecipazione di diversi attori istituzionali e soggetti del mondo dell’associazionismo attivo>>, si legge nei comunicati diramati dal Comune. Ma l’amministrazione civica non s’è limitata a tirar fuori dai cassetti il progetto dell’ex liceo classico occupato, dando pure la disponibilità a partecipare al tavolo convocato in Prefettura, per gestire il coordinamento delle fasi di attuazione del protocollo. Il Comune, in altri termini, ha ribadito la disponibilità a soluzioni di accoglienza “alternativa”, anche perché la struttura risulta ancora pericolante, dopo essere stata occupata esattamente undici anni fa da una quindicina gli immigrati provenienti da Eritrea, Etiopia e Sudan che, appunto, si acquartierarono nell’Ex Socrate abbandonato. Tutto questo dopo che l’edificio scolastico, a dicembre 2009, era stato occupato da un centinaio di profughi africani, diventando un ‘dormitorio’ per poco più di una decina di loro. “Mangiamo nelle mense per i senza fissa dimora e la notte torniamo qui per dormire – raccontava al nostro giornale uno di loro – per studiare l’Italiano alcuni di noi seguono i corsi tenuti nella biblioteca della Regione…il resto del tempo lo passiamo fuori a cercare lavoro”. Non c’era luce né acqua in quella struttura spettrale, nulla che potesse far pensare come qualcosa lontanamente simile a una casa. Come invece poi è diventata, in attesa che in questi giorni gli operai Enel riattivino i contatori staccati dopo l’incendio di qualche giorno fa. E dire che anche undici anni fa nella scuola non c’era luce, i servizi igienici fuori uso che emanavano tanfo di urina, con le porte delle ‘ex-aule’, trasformate in stanze da letto, termosifoni rotti: l’unica differenza dal dormire per strada la facevano mura e tetto. E forse nemmeno quelli, dato che l’edificio era stato dichiarato già allora inagibile per pericolo di crollo. E proprio causa le precarie condizioni igienico-sanitarie-strutturali e del freddo il resto degli immigrati aveva lasciato la costruzione. In effetti dopo tanti anni i rifugiati politici africani sono ritornati nei luoghi sperduti della città e della periferia da cui provenivano, e in cui resteranno sempre ‘invisibili’ per le Autorità. Dei volontari della Rete Antirazzista che avevano supportato la loro protesta non c’è più nessuno, tanto meno i rappresentanti del Partito Sinistra Critica che, a detta di molti rappresentanti del Comune, avevano ‘fomentato’ l’occupazione. Una delle tante che ha conosciuto la Città di Bari…

 

Francesco De Martino

 


Pubblicato il 30 Dicembre 2020

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