Cultura e Spettacoli

Ofelia in primo piano a scapito dell’infelice principe di Danimarca

Esiste un personaggio dell’Amleto che non viva il proprio inferno? Anche Ofelia, ha il suo girone. Per la fragile e sfortunata figlia di Polonio e sorella di Laerte esso comincia a spalancarsi con le prime attenzioni di Amleto. Si richiuderà sulla preda in un suono d’acqua gorgogliante quando il carnefice di famiglia avrà dichiarato all’innocente di non averla mai amata. Ofelia ispira un senso di crepuscolare tenerezza che ha toccato numerosi artisti. Rimbaud le dedicò una lirica, a lei si sono ispirati molti musicisti (De André, Guccini, Lou Reed, Peter Hammill). Soprattutto i pittori hanno tratto ispirazione da questo personaggio : è il caso di John Everett Millais, Jules Joseph Lefebvre, George Frederic Watts, John William Waterhouse…  Di recente Katia Nacci, Massimo Abbrescia e Roberto Romeo hanno firmato un adattamento dell’Amleto che forza la prospettiva originale mettendo Ofelia in primo piano a scapito dell’infelice principe di Danimarca. Prodotto da Scene Teatro, lo spettacolo è stato in cartellone al Bravò la settimana scorsa. Nel ruolo di prima donna, Tiziana Manfredi conferma la sua versatilità confezionando un personaggio credibile e misurato. Nella riduzione, che asciuga a sei il numero dei personaggi, intorno a questa buona Ofelia ruotano Vito Rutigliano, Susi Rutigliano, Maurizio Sarubbi, Roberto Romeo e Jonathan Cassano. A parte qualche eccesso di entusiasmo, il cast ha fatto onore alle attese. Nel complesso, un allestimento senza fronzoli, che spingendo sull’acceleratore va dritto al sodo e semina qua e là momenti di buon teatro. Resta da dire delle musiche :  Massimo Abbrescia opta per un inquietante spartito di scrosci, sibili, sordi brontolii e inafferrabili, cupe sonorità che si adagiano sull’azione come un velo. Via via più pesante, il velo nel finale assume la consistenza del sudario. L’insieme si coniuga bene con l’ambientazione buia e minimale.  Aiuto regia di Tiziana Manfredi ; luci a cura di Francesco Di Filippo. – Nell’immagine ‘Ofelia’, tela ad olio dipinta nel 1910 da John William Waterhouse, pittore britannico appartenente alla Confraternita dei Preraffaelliti, corrente pittorica d’era vittoriana che, per certi versi affine alla corrente del simbolismo e dell’art nouveau, può essere definita la trasposizione pittorica del tardo romanticismo e del decadentismo. Nella ricostruzione di Waterhouse, Ofelia, lo sguardo perso, avanza nella palude verso la morte ; toccante l’ultimo gesto di dignità, questo sollevare l’orlo della gonna per non insozzarla di fango. Nella stessa mano che solleva l’indumento, la poverina stringe i fiori (“ranucoli, ortiche, margherite e quei lunghi fiori color porpora”) che comporranno le “strane ghirlande” di cui ella si trova il “capo adorno” quando abbandonandosi alla “vitrea corrente” trova “fangosa morte”.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 22 Dicembre 2021

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