Cultura e Spettacoli

Olio d’oliva e olio di palma, chi la spunterà?

Non si sa come andrà a finire la faccenda della Xylella. Il commissario europeo per la Sicurezza alimentare ,Vytenis Andriukaitis, che ha visitato il Salento a luglio, non ha avuto esitazioni : Applicazione immediata di tutte le misure previste. Avanti perciò con i tagli degli ulivi infetti (anche fuori dal Leccese) e delle piante sane nel raggio di cento metri. Avanti pure con l’uso di fitofarmaci e con le multe a chi non ara i campi e non usa pesticidi. E avanti infine con gli indennizzi… Insomma, gli ulivi vanno abbattuti anche senza avere la certezza, che scientificamente ancora non c’è, che a farli seccare sia davvero il patogeno in questione. L’uomo della strada si aggrappa alla speranza che l’epidemia si arresti da sola o che le piante sviluppino gli anticorpi necessari (come è successo per la palma alle prese col suo virus, il punteruolo rosso). Gli agricoltori più ottimisti, quelli della vecchia guardia, non escludono che in primavera dai ceppi degli ulivi più vetusti, quelli abbattuti per primi,  spuntino nuovi germogli. L’impotenza della Scienza e la quantità di interessi in gioco dà fiato alle voci più discordanti, in mezzo ad abbagli, bugie, bufale e ipotesi. A proposito di quest’ultime, chi andrebbe ad avvantaggiarsi se il flagello Xylella dovesse farsi inarrestabile? C’è chi indica nei produttori di olio di palma i maggiori beneficiari della nostra sventura. L’olio di palma, utilizzato come materia prima per prodotti a base di sapone (come il Palmolive) e nella produzione di biodiesel, incontra larghissimo impiego nell’industria alimentare, mentre dal palmisto (olio di semi di palma) si ricavano grassi particolari che trovano utilizzo nell’industria dolciaria. Questa preziosa risorsa, che per ragioni economiche e tecnologiche va sostituendo i grassi di origine animale (burro, strutto) nella preparazione artigianale e industriale dei prodotti da forno, dolci e salati, comincia però a incontrare lo sfavore degli ambientalisti. La necessità di convertire alla coltivazione di palme aree ecologicamente determinanti come la foresta pluviale pone una seria ipoteca sulla salute di un pianeta affatto in salute. Inoltre la monocoltura di palme da olio può produrre considerevoli emissioni inquinanti ; è stato valutato che anche in seguito a questi fenomeni l’Indonesia (massimo produttore di olio di palma) è diventata il terzo emettitore mondiale di gas serra. L’olio di palma deve poi fare i conti con l’accusa di aumentare i fattori di rischio cardiovascolare. Di contro si fa osservare che l’acido palmitico è naturalmente presente nel latte di donna, e di riflesso nei prodotti per l’allattamento artificiale, in una percentuale vicina al 10%… In conclusione, afferma Eugenio del Toma, presidente onorario dell’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica, né la letteratura medica più autorevole e recente, né i dibattiti congressuali hanno fornito elementi probanti contro l’assunzione dell’olio di palma, soprattutto nei limiti di un uso alternativo e al di fuori del condimento giornaliero, là dove l’olio d’oliva resta il sovrano incontrastato.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 25 Settembre 2015

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