Olivicoltori e la crisi: la musica non cambia
Cambiano i Governi nazionali, cambiano i Presidenti della Regione, ma la “musica” non cambia per gli olivicoltori pugliesi, che ad ogni annata olivicola si ritrovano puntualmente con i prezzi delle olive e, quindi, dell’olio extra vergine in caduta libera. Anche quest’anno infatti il mercato dell’extra vergine, e di conseguenza quello delle olive, in Puglia è stato al ribasso. Nella nostra regione la stagione di raccolta delle olive non è ancora terminata, poiché molte zone del nord Barese e del Salento sono ancora nel pieno della produzione, ma i prezzi all’ingrosso del più importante prodotto agricolo della Puglia è crollato, rasentando i 2,15 euro al chilogrammo. Da decenni la situazione del comparto olivicolo ed oleario regionale è drammatica sotto l’aspetto della redditività economica per le imprese impegnate in questo genere di prodotto. A poco, o nulla, sono serviti infatti i proclami e le iniziative messe in campo finora dalle Organizzazioni del settore, che – a detta degli stessi produttori e trasformatori – sono da tempo arroccate a difendere rendite di posizione acquisite nel rappresentare il comparto soltanto con l’assistenza alle domande annuali, da presentate all’Agea, per l’aiuto comunitario integrativo, che dal 2005 viene erogato non più in base alla produzione effettiva, ma per quote predefinite. I costi reali di produzione per le aziende olivicole locali da anni superano i ricavi, ma spirito di abnegazione e pesanti sacrifici di rimunerazione del proprio lavoro, hanno finora consentito ad una moltitudine di produttori di sopravvivere alle avversità economiche del settore. Infatti, il controvalore dell’olio extra vergine, soprattutto dopo l’introduzione dell’Euro, ha subito un sistematico deprezzamento, che ha riportato il prezzo dell’olio (e, quindi, delle olive) a valori praticati circa trent’anni fa. Infatti, a metà degli anni Ottanta l’extra vergine all’ingrosso in Puglia veniva pagato al chilo da 4000 a 4500 delle vecchie lire. Attualmente il valore in euro dell’olio pugliese di qualità è praticamente analogo a quello di allora (da 2,15 a 2,40 euro/Kg.). Sta di fatto che all’epoca i costi della manodopera erano circa 1/3 di quelli attuali ed i costi delle attrezzature erano 1/4, se non addirittura 1/5, di quelli odierni. Esempio significativo è quello di un trattore agricolo di media cilindrata che nel 1985 costava circa 14 milioni di lire ed ora, invece, per l’acquisto di un mezzo analogo occorrono non meno di 30mila euro, ossia circa 57 milioni di vecchie lire. Altro esempio emblematico per capire la gravità della situazione in cui versa il settore è dato dal confronto del costo del gasolio, che trent’anni fa costava agli agricoltori 300 lire al litro ed oggi, invece, spendono circa 1,20 euro al litro, ossia 2300 delle vecchie lire per litro. Nonostante la situazione economica comparativa paradossale ed il divario notevole nella forbice tra costi e ricavi le iniziative messe in essere dalle Autorità nazionali e regionali, per tutelare il reddito delle aziende olivicole dalle speculazioni ed i consumatori dalle frodi, si sono rivelate finora inefficaci e scarsamente incisive a contrastare la tendenza al ribasso dei prezzi dell’extra vergine pugliese. Infatti, olii d’oliva di qualità scadente, prodotti da altri Paesi comunitari ed extra comunitari, per motivi di interscambi commerciali di altra natura vengono importati in Italia che, con la sua legislazione interna, particolarmente aperta e permeabile nel settore agroalimentare, ha ulteriormente affossato l’olivicoltura nazionale di qualità, aggravando le già precarie economie di filiera nel settore olivicolo ed oleario pugliese. La Puglia, regione che da sola rappresenta circa 1/3 della produzione nazionale di extra vergine, finora non ha saputo neppure esprimere programmi ed iniziative valide a richiamare l’attenzione statale su un settore produttivo nazionale, come quello dell’olio d’oliva, che in ambito comunitario è stato sacrificato a favore di altri comparti produttivi o, peggio ancora, per analoghe produzioni di altri Paese europei. Tra gli operatori pugliesi della filiera olivicola c’è, infatti, sfiducia sia verso le Organizzazioni tradizionali, sia nei confronti degli Organi istituzionali che dovrebbero tutelare le produzioni ed il lavoro delle aziende olivicole regionali. “Invece – fa notare un produttore olivicolo locale – si passa da un Governo ad un altro, da un Governatore regionale ad un altro, ma la musica per l’olio pugliese di qualità non cambia: banali denuncie, proclami e propaganda politica di circostanza!”. Infatti, è sufficiente rilevare che la somministrazione di pasti negli ospedali regionali e nelle mense universitarie (anche queste funzionalmente vincolate al controllo della Regione) si somministra quotidianamente olio d’oliva extra vergine prevalentemente straniero, per rendersi conto che la Regione stessa nel settore dell’olio d’oliva finora ha prodotto tanta propaganda, ma pochi fatti.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 11 Gennaio 2012