Cultura e Spettacoli

Oltre Eduardo muore la speranza

 

Dinanzi alla crudeltà del mondo i più cercano rifugio all’interno della famiglia. Dalla padella cascano nella brace, essendo la famiglia la prima forma di branco, perciò tendenziale focolaio di ingiustizia e sopraffazione. Sul tema della crudeltà delle  relazioni famigliari Benedetto Sicca, giovane teatrante partenopeo, ha dato vita a un percorso d’indagine con il gruppo di lavoro Ludwig. Esito di questa esperienza è “Frateme”, un testo scritto e diretto dallo stesso Sicca e che la compagnia Interno 5/Ludwig ha  portato in scena nell’ultimo fine settimana al Kismet. ‘Frateme’ è spaccato di degrado socio-metropolitano. Al centro, la famiglia Piscopo, un micro cosmo lacerato come pochi  : il padre esiste ma non si vede (è sempre in un’altra stanza) e i tre figli vivono dolorosamente la comune condizione di omosessualità ; su tutto, torbida e morbosa grava l’ombra di possibili violenze. Può bastare per dare vita a un affresco senza pietà dove atmosfere e personaggi sembrano scolpiti a colpi di accetta ; un affresco così ben orchestrato e diretto che al termine, al momento degli applausi, si fa fatica a credere che in scena fossero (bravi) attori e non figure chiamate a vivere pubblicamente e a scopo liberatorio un personale disagio. C’è nello spirito e anche nella struttura di “Frateme” un che di ‘eduardiano’. E’ possibile che un De Filippo sopravvissuto sino all’era globale non sarebbe rimasto insensibile al parallelo tra una Napoli sporca dentro e fuori (la vicenda della famiglia Piscopo si svolge parallelamente ai giorni in cui il capoluogo campano languiva tra i miasmi di migliaia di tonnellate di rifiuti abbandonati per strada). Con la differenza che in ‘Napoli milionaria’ la sporcizia in questione è fatta, fuori, da macerie da bombardamento e, dentro, da disperazione da fame atavica. Il che alimenta la speranza che passata ‘a nuttata’ si possa ritrovare la dignità. In ‘Frateme’ – che a questo punto si pone come ‘schiaffo’ alla fiducia riposta dal Maestro in uomini e cose – la speranza si spegne in un lago di sangue (uno dei figli, Secondo, quello divenuto psicolabile sopprime il padre ammalato). Vibrante  questo allestimento che si muove attraverso quadri in successione rapida costruiti facendo slittare su micro-binari sedie, sedili e letti di un bianco algido che richiama più un ambulatorio medico che il festoso sciorinare biancheria per i vicoli di Forcella. L’assenza di musiche incornicia dialoghi taglienti che costantemente imprimono la sensazione di una pentola pericolosamente sotto pressione. Completa le cose il ben cadenzato disegno luci di Marco Giusti. Grandi applausi al termine per Paolo Michelini, Luca Saccoia, Giorgio Sorrentino, Emilio Vacca, Valentina Vacca, Francesco Vitello e Camilla Zorzi.

 

Italo Interesse 


Pubblicato il 27 Novembre 2012

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