Oltre il cespuglio, il vuoto
Come è noto l’Uomo di Altamura è uno scheletro di Homo neanderthalensis scoperto nella grotta di Lamalunga, inghiottitoio nel quale precipitò più di centomila anni fa. Non fu gettato vivo dai compagni a scopo propiziatorio, né si suicidò. Semplicemente, fu vittima di una disgrazia. Chissà, con altri cacciatori era sulle orme di un cinghiale, un orso, un cervo. Forse il gruppo si era spinto oltre il territorio di caccia, là dove nessuno della tribù poteva immaginare quell’insidia… Certo, suona strano che un uomo di Neanderthal non abbia visto una voragine. I nostri progenitori avevano sensi e riflessi assai più sviluppati dei nostri. Riuscivano quasi a vedere nel buio e con l’agilità che avevano potevano anche all’ultimo momento scansare qualunque pericolo. Noi però giudichiamo guardando le cose con occhi diversi. Quell’inghiottitoio oggi non sfuggirebbe al più distratto escursionista dal momento che spicca nell’arido contesto del pulo altamurano. Ma centomila anni fa la Murgia non era il desolato altopiano che diventò per mano dell’uomo a metà ottocento, quando la necessità di alimentare la nascente industria spinse al disboscamento selvaggio (importare carbone dalla Francia sarebbe costato cinque volte di più). Centomila anni fa tutta la Puglia era coperta da foreste, un manto vegetale sterminato e oggi inimmaginabile, composto di un sottobosco fittissimo che nascondeva tane, rocce e radici sporgenti… e trabocchetti naturali. E’ probabile che cespugli nascondessero l’imboccatura della voragine di Lamalunga. Una trappola micidiale anche per gli animali ; difatti sul fondo di Lamalunga sono presenti numerosi resti di ungulati (cervidi, bovidi ed equini) e carnivori (iena, lupo e volpe). Il nostro povero ‘pre-altamurano’, che forse faceva da apri strada agli altri, si accorse troppo tardi della voragine. Il resto possiamo solo immaginarlo : I compagni di caccia si raccolgono prudentemente ai bordi dell’imboccatura e scrutano in basso, dove si vede pochissimo. Provano a chiamare lo sfortunato cacciatore, che non risponde. L’eco, inquietante, fa comprendere che deve essere profondissimo laggiù. Chi mai si avventurerebbe in quel luogo tetro che evoca la presenza di spiriti malvagi? Povero compagno, non possono fare niente per lui. La battuta è finita, i ‘segni’ sconsigliano di proseguire. Non resta che rientrare alle caverne. Ma prima sarà il caso di ammonticchiare sassi in prossimità dell’imboccatura. Quel cumulo servirà a segnalare il pericolo a tutti. A adesso a casa, a mani vuote, l’amarezza nel cuore. Davanti al fuoco, a pancia vuota, racconteranno di un compagno impagabile prima nello stanare un cinghiale grande, grandissimo, anzi enorme, un animale mai visto, poi nel guidare il gruppo sulle sue tracce. Senza quella buca maledetta sarebbe stata festa per la tribù.
Italo Interesse
Pubblicato il 24 Marzo 2016