Cultura e Spettacoli

Oltre il velario il rituale è sogno

Continua con coraggio il progetto Teatro Nudo. A volerlo è la Compagnia Res Extensa, cui quest’anno è affidata la ‘residenza’ del Traetta. Teatro Nudo vuol dire improvvisazione coreutica che, senza escludere la prosa, avviene sulla base di musiche eseguite al momento. Martedì scorso era in cartellone ‘Shakespeare!’. Il titolo non tragga in inganno. E’ vero, Nicola Eboli ha interpretato in proscenio stralci del Maestro, tuttavia là dove si parla di Teatro Nudo i titoli sono da prendere con le pinze e pure un autore come Shakespeare può ridursi a mero punto di partenza per  un’esperienza di condivisione. Non sapremmo definire diversamente queste performance dove lo spunto iniziale innesca un intersecarsi di emozioni musicali, coreutici e attorali destinato più avanti – e per forza di cose – a coagularsi in una sorta di modulo osmotico, preludio alla catarsi conclusiva. Esperienze di questo tipo vanno perciò lette anche alla luce del modo in cui evolvono. Per questo motivo ci piace ribattezzare ‘Rituale’ questo ‘Shakespeare!’. In scena una vera folla : ben sedici fra musicisti e non, tutti in ‘opalescenza’ al di là di un velario che funge anche da schermo. E sullo schermo, mentre alle spalle dello stesso uomini e donne lentamente si cercano-cercano sé stessi, proiezioni anche inquietanti alimentano un clima rarefatto e precario. La sensazione è quella di un caos sonnacchioso da cui può fiorire tutto e il contrario di tutto, mentre l’opalescenza di cui prima alimenta l’idea del risveglio dal letargo o dello smarrimento di chi si ritrova (ignorandone il come e il perché) all’interno di un universo ‘altro, quello onirico per esempio. Oltre il velario è allora un avvolgersi di parole, canti, suoni e gesti che cercano di coagularsi. E se l’obiettivo è un sublimarsi collettivo, allora questo percorso ha del ‘Rituale’. ‘Shakespeare!’ non suggerisce are o sciamani. La grande magia ha luogo spontaneamente e nei termini di un ‘viaggio’ (come Elisa Barucchieri ha voluto presentarlo un attimo prima che andasse in scena) che poi si conclude con una risata collettiva e fresca, serena e liberatoria, che riporta tutti coi piedi in terra, scansando l’enfasi dell’Infinito e dei massimi sistemi. Un rituale, insomma. Un rituale che a suo modo coinvolge anche la platea. Ma assai più avrebbe coinvolto gli spettatori se essi avessero potuto disporsi in cerchio, cosa inconcepibile in un contenitore come un teatro all’italiana. Certo, non è facile allestire cose simili sotto il cielo in mezzo a un prato o una piazza, ma il capace e architettonicamente suggestivo foyer del Traetta è opzione da non trascurare.
Italo Interesse


Pubblicato il 20 Gennaio 2012

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