Cronaca

Ospedale ‘Di Venere’: appartati nella sala operatoria mai aperta, scappano a gambe levate…

Sanità sempre più in prima pagina a Bari, ma ancora una volta per fatti di cronaca che nulla hanno a che fare con la cura e la salute dei cittadini. Sabato scorso 26 luglio nelle prime ore pomeriggio, infatti, al sesto piano dell’Ospedale ‘Di Venere’ di Bari-Carbonara, nella sala operatoria annessa al reparto di Ostetricia e Neonatologia sono state sorprese due persone che si erano appartate. L’uomo, praticamente nudo, se l’è immediatamente data a gambe mentre anche la donna l’ha quasi immediatamente seguito a ruota: entrambi hanno frettolosamente infilato l’uscita dell’ospedale senza essere fermati o riconosciuti dal poco personale interno presente a quell’ora. In ogni caso dopo non molto sul posto è giunta la Polizia che ha raccolto la denuncia degli organi direttivi dell’ospedale, riuscendo praticamente ad assodare che le due persone colte in ‘flagranza amorosa’ appartate nella in sala operatoria non appartenevano ai ranghi del personale in servizio nel nosocomio barese. Ma al di là del fatto di cronaca boccaccesco, quel che ha fatto subito discutere e inalberare ancor di più medici e infermieri del ‘Di Venere’ di Bari-Carbonara è che quella sala operatoria viene evidentemente sfruttata per tutto, salvo che per gli scopi per cui è stata inaugurata nell’ormai lontanissimo settembre 2011 (con tanto di taglio di nastro e circa tre milioni di euro spesi dall’assessorato retto all’epoca da Tommaso Fiore) e mai entrata in funzione. Eggià, difficile crederlo, ma la sala operatoria annessa al reparto di Ostetricia del professor Filippo Maria Boscia non è mai entrata in funzione, benché evidentemente servisse per ben altri scopi, evidentemente. E così le circa mille e seicento donne che ogni anno si recano all’Ospedale ‘Di Venere’ di Bari-Carbonara, sono costrette a partorire nei loro letti di degenza o, come li chiamano all’interno dello stesso nosocomio, nei loro ‘box’ dove spesso sono assistite anche dai mariti. Ma il nosocomio di Carbonara è interessato, come abbiamo più volte sottolineato su queste colonne, da una serie infinita di lavori di ristrutturazione che limitano perfino l’ingresso dei pazienti nei reparti oncologici, ma anche il numero di parcheggi disponibili. Medici e operatori sanitari sono così costretti a parcheggiare i propri automezzi nel parcheggio dell’adiacente mercato coperto. Inutile dire che manca il controllo agli ingressi, trasformando posti riservati agli operatori e familiari dei pazienti in una zona a “sosta libera” in cui chiunque può lasciarvi l’auto senza incorrere in sanzioni. Le limitazioni però non riguardano la dirigenza: in una zona vietata al parcheggio all’interno dell’ospedale, non è difficile scorgere auto col cartellino “Dirigente ASL”: a quanto pare, la legge non è uguale per tutti. E così, oltre ai lavori e cantieri infiniti, ai reparti riservati al sesso furtivo, c’e’ non ultimo il problema dei parcheggi riservati ai soliti furbi. E qualche tempo fa, per quattro giorni di seguito, il noto Tg satirico di Canale 5 – grazie alla presenza di un “gancio” – ha filmato un dipendente del Di Venere che sistematicamente timbrava il cartellino anche per i suoi colleghi. Interpellata dai due inviati, la direttrice amministrativa della struttura ospedaliera, Emilia Anelli, spiegò di essere completamente all’oscuro della vicenda, garantendo allo stesso tempo verifiche ed eventuali provvedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti coinvolti. Chissà se la sig.ra Anelli darà corso a qualche altra indagine interna, dopo il fatto di sabato, anche se per ora non resta che sperare che l’episodio ‘boccacesco’ serva a risvegliare la coscienza di qualche amministratore poco avvezzo a risolvere problemi che, invece, dovrebbero realmente interessare chi maneggia milioni e milioni di euro per costruire reparti e sale operatorie, all’interno dei sempre più disastrati ospedali baresi. Reparti e sale operatorie che dopo l’inaugurazione devono entrare immediatamente in funzione e non restare tristemente sprangati per circa trentasei mesi, a uso e consumo di qualche donnaiolo impenitente che si trova a suo agio tra le lenzuola d’un ospedale, per sfogare la sua lussuria…  

 

Francesco De Martino  


Pubblicato il 29 Luglio 2014

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