Cronaca

Ospedale “Di Venere”, tagli e sprechi tra cantieri vecchi e nuovi…

 

L’Ospedale ‘Di Venere’ di Bari – Carbonara è finito agli ultimi posti nei valori standard dei servizi offerti, a riprova che il disegno degli amministratori regionali è quello di privare la Cittàà di Bari di un altro fondamentale polo sanitario, trasferendo conoscenze e competenze altrove. Un vero disegno ‘omicida’ che, però, fa a pugni on il pullulare dei cantieri aperti all’interno del nosocomio alla periferia nord della Città, come se in effetti quel disegno subdolo di cui sopra fosse solo frutto di improvvisazione, incapacità o chissà che altro. Ne parliamo con il dottor Leonardo Damiani, già amministratore cittadino e stimato ginecologo che svolge la sua opera proprio nel ‘Di Venere’.

 

Allora, dottor Damiani è da tempo che lei denuncia lo stato di precarietà in cui versa il reparto di Ostetricia al Di Venere: che sta accadendo?

 

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E nessuno fa niente?

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Con questa unità si risolvono i problemi?

 

E’ solo un’ ostetrica, ne servirebbero almeno tre. Inoltre per ora coprirà due turni perché è a scavalco con il S.Paolo. Il direttore generale Colasanto dice che non paga straordinari e non si può pretendere che le titolari facciano dodici ore consecutive. L’importante che egli prenda la pensione da medico ospedaliero, di consigliere regionale e lo stipendio di direttore generale. La scusa è che mancano i soldi…Ma leggiamo che con il fitto della PET si potevano comprarne quattro di macchine, che i letti della rianimazione costano decine di migliaia di euro l’uno. Vediamo i cantieri infiniti al Di Venere che sono presenti da decenni. Allora dov’è questa mancanza di fondi?

Ma possibile che negli uffici del lungomare Starita o dell’assessorato di Japigia si voglia chiudere il Di Venere?

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Chiude quindi una sala parto che funziona da decenni?

 

 Qualche nota storica. Il primo nucleo dove si nasceva era dal 1958 dove è attualmente la residenza per anziani grazie al dottor Nicola Volpe. Successivamente dal 1960 grazie a Nicola Damiani , il repartosi trasferì dove è ora la cardiologia sino agli anni settanta nell’attuale sede, con una continua crescita del numero di parti e della qualità assistenziale. Attualmente ci sono millecinquecento parti all’anno con una notevole percentuale di parti a rischio per la presenza dell’unità di terapia intensiva neonatale. Tutto questo da domani potrebbe finire e costringere le donne a partorire al Policlinico o S.Paolo. I neonati prematuri trasferiti a Taranto, Foggia, S.Giovanni Rotondo. Il Policlinico con i pochi posti per gli immaturi non accetta, anzi spesso trasferiva a noi. Sono pessimista, la pubblica opinione è anestetizzata, crede che gridiamo per puro allarmismo.

 

E dire che sulla sanità ci sono fior di indagini e processi, quindi i politici dovrebbero stare più attenti…

 

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 Francesco De Martino

 


Pubblicato il 19 Ottobre 2013

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