Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano con Alfonso Gatto (III parte)

Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi

Nel 1938 Alfonso Gatto si trasferisce a Firenze, culla di quel movimento ermetico cui si era avvicinato da subito. Qui fonda con Pratolini la rivista “Campo di Marte” che diventa la voce del più avanzato ermetismo. Creata per commissione dell’editore Vallecchi, la vita del periodico dura tuttavia un solo anno. In quel periodo Alfonso Gatto lavora come collaboratore delle più innovatrici riviste e periodici di cultura letteraria (dall'”Italia Letteraria” alla “Rivista Letteratura” a “Circoli” a “Primato alla Ruota”). Dopo Firenze viene la volta di Roma, ultima sua residenza stabile. Nella capitale egli lavora come redattore della rivista “L’approdo, abbinando all’attività letteraria quella di pittore con un certo successo. Nel 1941 riceve la nomina ad ordinario di letteratura italiana   presso il Liceo Artistico di Bologna. A partire dal 1943 entra a far parte della Resistenza. Le poesie scritte in questo periodo offrono una testimonianza efficace delle idee che animano la lotta di liberazione. Il poeta scrive anche per l’infanzia e pubblica nel 1945 “Il sigaro di fuoco”. L’antologia, presentata come “poesie fiabe rime ballate per i bambini d’ogni età”, viene definita da Contini “una delle migliori estensioni della poetica moderna alla letteratura per l’infanzia eseguita da un poeta vero”. Dopo il secondo conflitto mondiale, Gatto abbandona la cosiddetta poetica dell’assenza o del disimpegno ermetico e rinnova profondamente il proprio approccio poetico; frutto di questa “svolta” sono le Nuove poesie (1950) e Storia delle vittime (1966).

Torneranno le sere

Torneranno le sere a intepidire
nell’azzurro le piazze, ai bianchi muri
la luna in alto s’alzerà dal mare
e nella piena dei giardini il vento
fitto di case, d’alberi, di stelle
passerà per la grande aria serena.
Torneranno nel sogno anche le voci
delle famiglie illuminate a cena,
la rapida ebrietà del loro riso.
O finestrelle, pozzi, logge, vetri
affacciati alla vita, allo spiraglio                                         
delle fresche delizie e dei rimpianti,
o luna nuova sulla mia memoria,
tornate ad albeggiare con quel canto
di parole perdute, con quei suoni
struggenti, con quei baci morsi al buio.
Siate la polpa rossa dell’anguria
spaccata in mezzo alla tovaglia bianca.

 

da La storia delle vittime, Milano, Mondadori, 1966

Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte

 


Pubblicato il 9 Marzo 2023

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