Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano con Elio Pecora (II parte)

Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi

Elio Pecora, fra il 1938 e il 1939, ha vissuto in Grecia, nell’isola di Lero, dove il padre Arsenio, ufficiale della Marina Militare Italiana, era stato destinato dal Ministero. Sempre seguendo il padre, fra il 1940 e il 1941 ha vissuto a La Spezia. Nel ’44, il padre è chiamato a rappresentare la Marina Italiana presso il Comando Inglese e la famiglia si trasferisce a Napoli dove abiterà fino al 1966. Negli anni napoletani Elio frequenta le scuole fino al liceo classico e la facoltà di giurisprudenza. Compone le sue prime poesie, successivamente distrutte. Nel luglio 1966 lascia Napoli, raggiunge la Svizzera dove rimane per tutta l’estate a Losanna. Dall’ottobre di quello stesso anno va ad abitare a Roma e, per tutto il ’67, lavora nella libreria Bocca di piazza di Spagna, libreria frequentata da scrittori, artisti, intellettuali. Nel gennaio del 1968 parte per la Germania dove, per sei mesi, lavora a quello che sarà il suo primo libro: “La chiave di vetro”. Tornato a Roma, per qualche mese lavora nella galleria dello scultore Marotta, ma torna ogni pomeriggio come consulente nella libreria Bocca. Con La chiave di vetro che circola dattiloscritto, partecipa al premio milanese L’ineditodove arriva finalista. La pubblicazione, nell’autunno del 1970, gli frutterà l’amicizia di Elsa Morante e l’attenzione di Pier Paolo Pasolini. Scrive schede di lettura per l’editore Bompiani, conosce Juan Rodolfo Wilcock e, nella casa a Velletri di quest’ultimo, è invitato da Giancarlo Scoditti a scrivere di libri sulla rivista Mondoperaio. Seguiranno le sue collaborazioni settimanali a  La Voce Repubblicana, che dureranno per oltre vent’anni con una rubrica letteraria e, per tre anni, anche con una rubrica di cinema.

 

Andiamo al tramonto sotto chiuse finestre,
lontano m’additi un ramo, una nuvola chiara,
le mie parole per te sono piaghe che ardono,
i tuoi sospiri per me sono amari coltelli.
E camminiamo dove s’addensano le ombre,
dentro il mistero che ci comprende e consuma:
nemmeno morta tu finirai di chiamarmi,
ma non saprò rispondere che sospirando.
 
da Poesie per la madre

Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte


Pubblicato il 5 Aprile 2023

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio