Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano con Everett Ruess (IV parte)

Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi

Il 12 novembre 1931 Everett Ruess si sposta da Escalante, nello Utah meridionale, per esplorare il deserto. Parte zaino in spalla con i suoi due fedeli animali da soma. Ha con sé tutto ciò che gli serve: il suo diario, i suoi dipinti e un grande amore per l’ignoto. Ma il destino è beffardo ed Everett non rivedrà mai più i suoi familiari. Il 19 novembre, un pastore lo vede per l’ultima volta vicino al punto d’incontro tra il fiume Colorado e il suo affluente, l’Escalante River. Nella sua ultima lettera al fratello Waldo scrive: “Riguardo a quando rivisiterò la civiltà, non sarà presto. Non sono ancora stanco del deserto, anzi apprezzo sempre più la sua bellezza e l’esistenza errante che conduco. Preferisco la sella al tram, e il cielo cosparso di stelle al soffitto, il sentiero oscuro e difficoltoso verso l’ignoto alla strada asfaltata, e la pace profonda del selvaggio allo scontento generato dalle città”. Ruess non ha scritto libri, ma è stato un diarista per tutta la vita e ha inviato a casa centinaia di lettere. I suoi diari e poesie furono pubblicati postumi in due libri, entrambi illustrati con le sue xilografie: On Desert Trails del (1940) e Everett Ruess: Vagabond for Beauty del (1983). E’ scomparso prima che le sue ultime lettere potessero essere inviate da Escalante e il suo diario del 1934 non è mai stato trovato. Stranamente profetiche, queste righe del suo “Wilderness Song”: “Dì che sono morto di fame; che ero perso e stanco; che ero bruciato e accecato dal sole del deserto, ma che ho mantenuto il mio sogno”.

Canto selvaggio

Sempre sono stato un amante delle lande selvagge:
Un cauto incosciente che i picchi montani ha scalato,
Che del mare l’intrepida musica a lungo ha ascoltato,
Che sull’urlo del vento i suoi canti, nel deserto, ha intonato.

Sui sentieri, nei canyon, tra il caldo sospiro dei venti notturni
Che dolci soffiavano e soffiano tra i pini chiomati di stelle,
Ispirato, dietro al mio asino tranquillo ho camminato,
Sopra l’acqua che schiantava sulle rocce acuminate sottostanti.

Mi sono sdraiato nella fresca dolcezza dell’erba, e nelle radure
Di pioppi ho ascoltato il mormorio spettrale
Dei venti addolorati, laddove foglie d’argento fruscianti
Alle ossidate solitudini bisbigliano barbari rimpianti.

Il verde ondeggiamento del mare ho conosciuto; ho amato
Le rupi rosse e gli alberi contorti e i tersi cieli di turchese,
Il sollevarsi della sabbia bruna, le lente nubi assolate.
Ho assaggiato la pioggia e ho dormito al riparo di cascate…

Dite pure che patii la fame; che fui perduto e stanco;
Che dal sole del deserto fui bruciato e accecato;
Scalcagnato, assetato, per strane malattie ammalato;
Solo, bagnato, infreddolito… ma che il mio sogno non ho mai tradito!

(Everett Ruess,  1933)

 

Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte


Pubblicato il 31 Marzo 2023

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