Pane e quotidiano con Gianni D’Elia (II parte)
Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi
L’opera di Gianni D’Elia “Congedo dalla vecchia Olivetti” (Einaudi, 1996) è una raccolta molto diversa dalle altre. Nel libro il poeta dialoga con la sua vecchia macchina da scrivere tra memoria del passato, ricordo dei maestri e bilancio esistenziale, storico, epocale. E’ un libro organico, ma anche vario e articolato, è come una pausa di riflessione sul suo lavoro passato e l’esperienza di vita personale, e insieme un saggiare argomenti e temi non ancora affrontati. Il suo dialogo, rivolto a un poeta (forse Pasolini o Fortini), trae pretesto da spunti quotidiani, da oggetti, e si trasfigura in una ricerca, a volte faticosa, ma mai artificiosa nel tentativo di superare la difficoltà di dialogo fra poesia e “prosa del mondo”, che pure è una costante delle sue opere.
Ognuno di noi è una riva a cui
vengono le immagini del mondo. Siamo
un mare su cui sciacqua un altro mare
che ci si viene a rompere in fronte, quando
guardiamo fuori, non meno di quando
guardiamo dentro noi stessi. Pure,
a catene di immagini dovremmo sapere
rispondere con schiere di frasi. Invece,
eccoci qui dietro le cose, che ci trascorrono
davanti, più che a nomi a lampi, come
le creature riprese e disintegrate di qualche
esplosione convenzionale, senza che tu le sappia
decifrare. Come dopo Auschwitz, dopo
Hiroshima. Banco di prova d’ogni
prosa, d’ogni rima e lima.
Le immagini ci sono, ma le opere,
le parole, le dobbiamo fare.
da Sulla riva dell’epoca, (Pesaro, 1953)
Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte
Pubblicato il 8 Febbraio 2024