Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano con Joumana Haddad (II parte)

Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi

Joumana Haddad esordisce nel 1995 con “Il tempo del sogno”, a cui seguono “Invito a una cena segreta” nel 1998, “Due mani verso l’abisso” nel 2000, “Il ritorno di Lilith” nel 2004 e “Brutte abitudini” nel 2007. In tutte le sue raccolte affiora un’immagine insolita della femminilità araba, lontana dalle banalizzazioni cui è spesso soggetta. Segnata dall’esperienza bellica nel suo paese, vive l’attività di traduttrice che associa a quella di scrittrice, come un mezzo efficace per avvicinare persone e culture diverse. Nel 2006 è stata autrice di una serie di corrispondenze per il Corriere della Sera, durante l’ultima guerra tra Israele e Libano. Tra i tanti articoli fu pubblicata anche una sua tagliente lettera allo scrittore Amos Oz in cui Joumana si domanda cosa può fare la poesia per il mondo. «L’ arte deve essere un atto gratuito -afferma – Non mi piacciono le ideologie e le cause. Credo nel potere della poesia e della scrittura di dare delle scosse, come la ebbi io leggendo De Sade e Eluard a dodici anni.

 

Quando sono diventata un frutto

Femmina e maschio fui concepita all’ombra della luna
ma Adamo fu sacrificato alla mia nascita,
immolato ai mercenari della notte.
E per colmare il vuoto della mia altra essenza
mia madre mi ha lavato con acqua torbida
e mi ha portato sul pendio di ogni montagna
consegnandomi al rombo delle domande.
Mi ha consacrato all’Eva della vertigine
e mi ha impastato con il buio e la luce
perché fossi donna-centro e donna-lancia
gloriosa e trapassata
angelo dei piaceri senza nome.

 

Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte


Pubblicato il 7 Dicembre 2022

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