Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano con Mahmoud Darwish (IV parte)

Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi

 Solo una minima parte della produzione di Mahmoud Darwish è stata, fino ad ora, tradotta in italiano.  Darwish in diverse interviste ha sempre detto di non poter scrivere una autobiografia perché essa è già contenuta nei suoi scritti. Di fatti la sua ultima opera,  Il giocatore d’azzardo, scritta nel 2006,  due anni prima della sua  morte, è un poema autobiografico costruito in 6 sezioni, cucito e intessuto di splendide immagini poetiche, di vita, di casa, di esilio, di alberi di limone e di ulivi. L’ambientazione è quelle della Palestina, forse quella stessa della casa e del proprio villaggio distrutto dall’occupazione israeliana.

Profugo

Hanno incatenato la sua bocca

e legato le sue mani alla pietra dei morti.

Hanno detto: “Assassino!”,

gli hanno tolto il cibo, le vesti, le bandiere

e lo hanno gettato nella cella dei morti.

Hanno detto: “Ladro!”,

lo hanno rifiutato in tutti i porti,

hanno portato via il suo piccolo amore,

poi hanno detto: “Profugo!”.

Tu che hai piedi e mani insanguinati,

la notte è effimera,

né gli anelli delle catene sono indistruttibili,

perché i chicchi della mia spiga che va seccando

riempiranno la valle di grano.

 

Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte

 


Pubblicato il 17 Marzo 2023

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