Pane e quotidiano con Rocco Scotellaro (III Parte)
Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi.
Rocco Scotellaro, nonostante le umili origini (il padre Vincenzo era calzolaio, la madre, Francesca Armento, casalinga) trascorre la sua infanzia serenamente. I sacrifici familiari gli consentono di frequentare la scuola fino al compimento del percorso di studi classici. Nel 1942 frequenta la facoltà di giurisprudenza a Roma e gli viene assegnato un posto di istitutore a Tivoli. A causa della guerra e in seguito alla morte del padre, decide di tornare nel suo paese natale. Ben conoscendo il dramma dei contadini meridionali, pur continuando gli studi, prima a Napoli e poi a Bari, inizia un’intensa attività sindacale che sfocia nell’iscrizione al Comitato di Liberazione Nazionale e al Partito Socialista e nella fondazione della sezione tricaricese del suddetto partito. Nel 1946, all’età di ventitré anni, diventa sindaco di Tricarico e nello stesso anno incontra per la prima volta Manlio Rossi Doria e Carlo Levi, che Rocco indicherà come suo mentore.Già durante l’adolescenza scrive le prime poesie, come dimostra la poesia “Lucania”, scritta nel 1940.Nel 1950 viene accusato di concussione, truffa e associazione a delinquere dai suoi avversari politici e per questo costretto al carcere per 45 giorni circa (nella cella n.7 del vecchio carcere di Matera, oggi a lui intitolata). Quando la cospirazione politica che ha avanzato l’accusa diventa chiara, viene assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. A causa di questa vicenda, unita alla delusione scaturita dalla non elezione a livello provinciale, abbandona l’attività politica per dedicarsi maggiormente a quella letteraria, senza trascurare il suo impegno per i diritti del popolo meridionale.
Sempre nuova è l’alba
Non gridatemi più dentro,
non soffiatemi in cuore
i vostri fiati caldi, contadini.
Beviamoci insieme una tazza colma di vino!
Che all’ilare tempo della sera
s’acquieti il nostro vento disperato.
Spuntano ai pali ancora
le teste dei briganti, e la caverna –
l’oasi verde della triste speranza –
lindo conserva un guanciale di pietra…
Ma nei sentieri non si torna indietro.
dalle paglie della cova,
perché lungo il perire dei tempi
Altre ali fuggiranno
l’alba è nuova, è nuova.
Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte
Pubblicato il 21 Aprile 2022