Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano con Rocco Scotellaro (IV Parte)

Pochi grammi di poesia al giorno  per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi.

Al periodo di sconforto e di negatività, per Rocco Scotellaro segue l’enfasi del riscatto politico e sociale della civiltà contadina, da cui prendono spunto per poi trasformarsi in versi d’incitamento le composizioni dal 1945 al 1947, in cui protagonisti sono i “cafoni”, pronti a rivendicare i propri diritti. La lirica diventa incalzante, sferzante, per certi aspetti epica, a celebrare l’ingresso nella civiltà del mondo meridionale. In particolare, è significativa Sempre nuova è l’alba, definita da Carlo Levi nella prefazione del 1954  a “È fatto giorno”, “Marsigliese del movimento contadino”:Nel 1950 accetta la proposta di Rossi Doria per un incarico all’Osservatorio Agrario di Portici, dove compie ricerche e studi sociologici e comincia un’inchiesta sulla cultura e sulle condizioni di vita delle popolazioni del sud per conto della casa editrice Einaudi. L’indagine rimane interrotta per la sua morte improvvisa.In seguito saranno  pubblicati il volume di racconti Uno si distrae al bivio(1974) e la raccolta di versi Margherite e rosolacci(1978). Nel 2019 la sua intera produzione letteraria è stata raccolta nel volume Tutte le opere.

 

Ho perduto la schiavitù contadina

Ho perduto la schiavitù contadina,
non mi farò più un bicchiere contento,
ho perduto la mia libertà.

Città del lungo esilio
di silenzio in un punto bianco dei boati,
devo contare il mio tempo
con le corse dei tram,
devo disfare i miei bagagli chiusi,
regolare il mio pianto, il mio sorriso.

Addio, come addio? distese ginestre,

spalle larghe dei boschi

che rompete la faccia azzurra del cielo,

querce e cerri affratellati nel vento,
pecore attorno al pastore che dorme,
terra gialla e rapata
che sei la donna che ha partorito,
e i fratelli miei e le case dove stanno
e i sentieri dove vanno come rondini
e le donne e mamma mia,
addio, come posso dirvi addio?

Ho perduto la mia libertà:
nella fiera di luglio, calda che l’aria
non faceva passare appena le parole,

due mercanti mi hanno comprato,

uno trasse le lire e l’altro mi visitò.

Ho perduto la schiavitù contadina
dei cieli carichi, delle querce,
della terra gialla e rapata.

La città mi apparve la notte
dopo tutto un giorno
che il treno aveva singhiozzato,
e non c’era la nostra luna,
e non c’era la tavola nera della notte
e i monti s’erano persi lungo la strada.

 

 

Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte

 

 


Pubblicato il 22 Aprile 2022

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