Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano con Vittorio Sereni (II parte)

Pochi grammi di poesia al giorno per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi

L’infanzia di Vittorio Sereni trascorre tranquilla a Luino dove, a causa della salute cagionevole, compie privatamente gli studi elementari. Luino rimarrà negli anni luogo di vacanze estive e della frequentazione di amici locali, tra cui Piero Chiara. Nel 1924 il padre chiede il trasferimento a Brescia, per consentire al figlio di frequentare il prestigioso ginnasio-liceo Arnaldo da Brescia, dove Vittorio studia fino alla maturità, conseguita nel 1932 con voti eccellenti. Negli anni del Liceo nasce la sua passione per la poesia. Trasferitosi nell’autunno del 1932 con la famiglia a Milano dove rimarrà, attraverso vari domicili, fino alla morte, si iscrive all’Università statale, dapprima alla facoltà di giurisprudenza passando però pochi mesi dopo a lettere. Qui incontra il filosofo Antonio Banfi e i suoi allievi, tra i quali Gian Luigi Manzi, Antonia Pozzi, Enzo Paci, Giosué Bonfanti, Daria Menicanti. All’appartenenza a questo circolo amicale ricco di fermenti che oltrepassano la frontiera della provincia e si aprono all’Europa, si aggiungono presto altri incontri, quelli con Giancarlo Vigorelli, Giansiro Ferrata, Sergio Solmi, Salvatore Quasimodo, Leonardo Sinisgalli, Carlo Bo. Sempre in ambito universitario conosce, nel 1936, la sorella di Bonfanti, Maria Luisa, che sposa nel giugno del 1940. Dalla loro unione nasceranno tre figlie.

 

La malattia dell’olmo

 

Se ti importa che ancora sia estate

eccoti in riva al fiume l’albero squamarsi

delle foglie più deboli: roseogialli

petali di fiori sconosciuti

– e a futura memoria i sempreverdi

immobili.

Ma più importa che la gente cammini in allegria

che corra al fiume la città e un gabbiano

avventuratosi sin qua si sfogli

in un lampo di candore.

Guidami tu, stella variabile, finché puoi…

– e il giorno fonde le rive in miele e oro

le rifonde in un buio oleoso

fino al pullulare delle luci.

……………………………Scocca

da quel formicolio

un atomo ronzante, a colpo

sicuro mi centra

dove più punge e brucia.

Vienmi vicino, parlami, tenerezza,

– dico voltandomi a una

vita fino a ieri a me prossima

oggi così lontana – scaccia

da me questo spino molesto,

la memoria:

non si sfama mai.

E’ fatto – mormora in risposta

nell’ultimo chiaro

quell’ombra – adesso dormi, riposa.

……………………………Mi hai

tolto l’aculeo, non

il suo fuoco – sospiro abbandonandomi a lei

in sogno con lei precipitando già.

 

(da Stella variabile, Garzanti, 1981)

Rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte


Pubblicato il 11 Ottobre 2023

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