Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano, Edoardo Sanguineti

Edoardo Sanguineti nacque a Genova  il 9 dicembre del 1930, in Salita di Santa Maria della Sanità: «Non ho mai visto la strada di Genova in cui sono nato […]: solo una volta sono giunto all’attacco della sua salita, ma non mi sono spinto oltre», ricorderà nel 2003 in una breve nota dedicata alle strade genovesi. Si era trasferito subito a Torino, a soli quattro anni, ed è stata Torino la città della sua formazione culturale. Scrittore e critico, è stato Docente di Letteratura Italiana all’Università di Genova ed esponente di punta della neoavanguardia e del gruppo 63 (Movimento d’avanguardia italiano così denominato dopo un Convegno, a Palermo, nel 1963). Uomo dall’ingegno poliedrico e politicamente implicato, nel senso più alto che queste parole possono nascondere, esordisce alla fama come poeta con la silloge “Laborintus”. Accademico fuori dagli schemi, s’interessa di filosofia, psicoanalisi, sociologia, coltiva un inusuale gusto della polemica che esercita nella sua attività di politico ma soprattutto attraverso una scrittura che sa adattarsi ad ogni argomento e da ogni argomento sa trarre il succo essenziale. Letterato fecondo e innovativo, ha spaziato dalla poesia al romanzo, dalla traduzione alla drammaturgia vera e propria,  appropriandosi di una scrittura teatrale e una poetica alla base di grandi spettacoli, dal più noto Orlando Furioso fino al Macbeth Remix e ai Sei personaggi.com. E’ morto a Genova il 18 maggio 2010.

 

Ballata delle donne

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,

che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

 

Da Mikrokosmos. Poesie 1951-2004

 

rubrica  a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte

 


Pubblicato il 9 Dicembre 2021

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