Cultura e Spettacoli

Pane e quotidiano, Emily Dickinson

Il 10 dicembre 1830 nasce ad Amherst, un piccolo centro puritano del Massachusetts, Emily Dickinson, una delle voci più significative della letteratura americana. Trascorre tutta la vita nel paese natale, in un quasi completo isolamento culturale. Di carattere fiero ed indipendente non accetta l’imposizione paterna a sospendere gli studi e prosegue a casa, da autodidatta. Nel 1858 entra in amicizia con Samuel Bowles, direttore dello Springfiel Daily Republican, giornale su cui appariranno, a partire dal 1861, alcune sue poesie. Il 1860 è l’anno del massimo furore poetico: scriverà 365 liriche in parte ispirate dall’amore  non corrisposto per Bowles. Nello stesso anno avvia una corrispondenza con lo scrittore Thomas W. Higginson, a cui si affida per un giudizio letterario: egli rimarrà impressionato dall’eccezionalità dello spirito, dall’intelligenza e dal genio della poetessa, pur ritenendo “impubblicabili” le sue opere. Intorno al 1870 Emily prende la decisione di autorecludersi. Il resto della sua vita sarà segnato dall’amore, l’unico corrisposto, per l’anziano giudice Otis Lord, che morirà nel 1884, e da una serie di tragedie familiari, tra cui la morte della madre (1882) e dell’amato nipote Gilbert (1883). Delle sue 1775 poesie, che ebbero un’edizione critica solo nel 1955 e vennero stampate post-mortem in versione “edulcorata”, solo sette fra loro apparvero quando la scrittrice era in vita. La riflessione sui grandi temi dell’amore, della morte, della natura, di Dio, si sviluppa con accenti fortemente metafisici nella ricerca di un possibile equilibrio tra eternità e contingenza, tra immortalità e disfacimento, tra individualismo e puritanesimo, e trova forme metriche, sintattiche e ritmiche inusuali e libere. Emily Dickinson morì di nefrite il 15 maggio 1886, all’età di 55 anni. Se in molti ricordano i suoi versi, pochi invece sanno che univa alla sua poesia una forte passione per fiori e piante, che coltivava con grande amore nel giardino e nella serra della sua fattoria. La casa e il giardino, suo “laboratorio poetico”,  oggi sono un museo.

 

 

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Fiorire – è lo scopo – chi incontra un fiore
e lo guarda senza pensare
a malapena potrà sospettare
la circostanza minore

Partecipare alla faccenda della luce
così complicata
che poi al meriggio come una farfalla
viene donata –

Disporre il bocciolo – combattere il verme –
ottenere la giusta rugiada –
mitigare il calore – eludere il vento –
sfuggire all’ape furfante

Non deludere la grande Natura
che quel giorno l’attenderà –
essere un fiore, è una profonda
responsabilità.

rubrica  a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte


Pubblicato il 10 Dicembre 2021

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