“Pane e Quotidiano”, Fernando Pessoa
Il 30 novembre 1935 morì a Lisbona Fernando Pessoa. Diversi scrittori e critici letterari, in particolare il premio nobel Octavio Paz,affermano che la sua vita, per nulla eccezionale, fa da incredibile contrasto all’eccezionalità delle sue opere. Orfano di padre all’età di sette anni, dopo le seconde nozze della madre con il console di Portogallo a Durban, seguì la famiglia in Sudafrica. Studiò nell’università di Città del Capo e nel 1905 fece ritorno a Lisbona, dove cominciò a lavorare come corrispondente commerciale. Conosceva l’inglese alla perfezione e in questa lingua scrisse poesie sin dall’età di tredici anni. Nel 1908 cominciò a scrivere poesie in lingua portoghese. Svolse un’intensa attività culturale sia come animatore dei circoli letterari di Lisbona, sia attraverso le riviste che fondò e diresse. Esercitò, così, un’influenza decisiva per l’avvento del modernismo portoghese. La sua grande creazione furono gli eteronimi, identità poetiche che, anche se inventate, si materializzano attraverso una personale attività artistica, diversa e distinta da quella dell’autore originale. I più noti ai quali Pessoa assegnò una precisa data di nascita e caratteristiche fisiche peculiari, sono Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro e Bernardo Soares. Durante la sua vita, Pessoa non pubblicò che una minima parte dei suoi scritti. Solo dopo la sua morte, la famosa «arca» in cui egli aveva riposto i suoi testi cominciò a dar corpo ai volumi delle Opere complete in versi e prosa. La pubblicazione delle sue opere in Italia iniziò nel 1957, con Il guardiano di greggi(Milano, Tipografia Esperia) seguita nel 1967 da Poesie(Milano, Lerici).
Amare è dolce, ma il forse-amare
lo è ancor di più. È come stare
sul ridente ponte di una nave
guardando senza vederli il cielo e il mare.
Dolce è la vita, ma che un’altra
migliore ce ne sia, lo è ancor di più.
È come una margherita fra le erbacce:
la scorgi, e l’intera campagna si abbellisce.
Così pensai, sotto lo stormire di alti
rami, e il lieve e incerto ponentino
mi dettava pensieri più felici
di quanto ogni felicità ci possa dare.
Poco si sa di quel che c’è o che siamo.
Niente sappiamo di quello che ci aspetta.
Per alcuni la vita è il frutto ben maturo,
per altri, solo la fioritura.
rubrica a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte
Pubblicato il 30 Novembre 2021