Cultura e Spettacoli

Pantaleone eseguì, il segreto rimase a Gionata

Il pezzo più pregiato della cattedrale di Otranto è l’ampia decorazione pavimentale che si sviluppa lungo le navate. Si tratta di un vasto programma iconografico nel quale le immagini – che s’ispirano all’Antico Testamento, ai cicli cavallereschi e ai bestiari medievali – sono disposte lungo lo sviluppo d’un cosiddetto Albero della vita nel quale si ripercorre l’esperienza umana dal peccato originale alla salvezza. L’imponente decorazione, commissionata dall’arcivescovo Gionata ed eseguita tra il 1163 e il 1165, reca la firma di ‘Pantaleonis presbiteri’. Si suppone che questo Pantaleone fosse un monaco basiliano di origine greca e che venisse dall’abazia di San Nicola di Casole, pochi chilometri a sud di Otranto. La supposizione, in verità labile, nasce dal fatto che l’opera è di gusto greco-bizantino e che nei giorni di massimo splendore quel monastero ospitò un circolo di poeti in lingua greca guidato dall’abate Nettario. Intorno a quel circolo si raccolsero altri artisti, in prevalenza decoratori, alcuni dei quali si dedicarono alla formazione dei basiliani più capaci. Qualcuno dovette introdurre Pantaleone all’arte del mosaico e con risultati eccellenti. Divenuto padrone della tecnica, questo monaco non potette che ispirarsi all’unico modello allora in voga, quello greco-bizantino (ciò significa che Pantaleone non necessariamente veniva da quelle terre). Si vuole pure che questo talentoso presbitero abbia fatto tutto da solo. Impossibile. Più verosimile è che egli abbia diretto una ‘squadra’ di basiliani da lui stesso formati. Come sempre avveniva nelle grandi realizzazioni iconografiche di quel periodo, i Maestri, una volta predisposto il disegno generale, intervenivano solo relativamente alle cose più difficili (viso, mani e piedi). Quanto al resto si limitavano al controllo del lavoro degli apprendisti, incaricati di occuparsi degli aspetti minori dell’opera : decorazioni, paesaggi, animali, personaggi marginali… Gli appassionati del mistero a tutti i costi, poi, affascinati da alcuni aspetti del grande mosaico idruntino, un lavoro la cui interpretazione teologica rimane controversa, attribuiscono a Pantaleone la precisa volontà di nascondere fra i tasselli di quell’opera conoscenze segrete. Un’altra cosa tirata per i capelli. Un arcivescovo non affida al capriccio nemmeno del migliore mosaicista in circolazione la realizzazione di un soggetto delicato e ‘insidioso’ come l’Albero della vita. Se davvero fra quei tasselli è nascosto qualcosa di riservato ad adepti, il segreto apparteneva solo a Gionata, l’arcivescovo committente, il quale sicuramente diede a Pantaleone dritte precise. Al più il monaco basiliano si rese autore di innocenti libertà, piccoli accomodamenti imposti da necessità tecniche.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 17 Maggio 2017

Articoli Correlati

Back to top button