Cultura e Spettacoli

Paracadute e dollari, il dirottatore la fece franca

Cinquant’anni fa, nei cieli degli Sati Uniti aveva luogo un clamoroso caso di dirottamento aereo a scopo d’estorsione, andato a segno e senza che sia mai stato possibile assicurare il malfattore alla Giustizia (la questione è rimasta ufficialmente aperta fino al luglio 2016, quando l’FBI ha deciso di archiviare il caso, a cui era stato attribuito il nome in codice «Norjak»). Questo episodio di pirateria aerea rimane l’unico irrisolto nella storia dell’aviazione statunitense. La vicenda ebbe inizio nel tardo pomeriggio di mercoledì 24 novembre 1971, quando all’aeroporto Internazionale di Portland, nell’Oregon, arrivò un uomo che si identificò con il nome di Dan Cooper (in seguito, a causa di un errore di comunicazione dei mass media, è diventato noto come D. B. Cooper) e acquistò un biglietto di sola andata per il volo diretto a Seattle (nello stato di Washington). Di età compresa fra i quaranta e i cinquant’anni, l’uomo era alto circa un metro e ottanta, indossava un impermeabile nero leggero, mocassini, giacca e pantaloni scuri, una camicia bianca ben stirata, una cravatta nera e un fermacravatta di madreperla. Poco dopo il decollo Cooper passò un biglietto all’assistente di volo Florence Schaffner, su cui era scritto a lettere maiuscole «Ho una bomba nella mia valigetta. La userò, se necessario. Voglio che si sieda accanto a me. State per essere dirottati». Successivamente l’hostess lo avrebbe descritto come un uomo tranquillo, educato nei modi e nel parlare e non affatto assimilabile agli stereotipi popolarmente associati alla pirateria aerea. E Tina Mucklow, un’altra assistente di volo, fu d’accordo: «Non era nervoso», disse poi agli investigatori, «sembrava piuttosto gentile, non è mai stato crudele o cattivo, è stato premuroso e tranquillo per tutto il tempo». Con freddezza esemplare la Schaffner accolse la richiesta, poi tranquillamente chiese di vedere la bomba, quindi Cooper aprì la valigetta quel tanto che bastava per far intravedere otto cilindri rossi con dei fili collegati a una batteria. Dopo la chiusura della valigetta l’uomo dettò le sue richieste : duecentomila dollari in “valuta americana negoziabile”, quattro paracadute (due primari e due di riserva) e un’autobotte pronta a Seattle per il rifornimento dell’aereo all’arrivo. Il pilota avvisò le autorità locali e federali di Seattle. Il presidente della Compagnia aerea (la Northwest Orient) autorizzò il pagamento del riscatto, preoccupato temendo i danni di una pubblicità negativa. Alle 17:39 l’aereo atterrò a Seattle. Attraverso la scaletta di poppa un funzionario della Northwest Orient consegnò uno zaino con il denaro e i paracadute. Solo allora Cooper consentì a tutti i passeggeri e alle assistenti di volo di lasciare l’aereo. L’aereo ripartì in direzione Reno, dove avrebbe fatto rifornimento prima di ripartire in direzione Città del Messico. Dopo il decollo Cooper ordinò all’equipaggio di raccogliersi nella cabina di pilotaggio e di restare con la porta chiusa. Per circa due ore non si seppe più nulla di ciò che accadde sull’aereo; quando alle 22:15  l’aereo atterrò a Reno ci si accorse che la scaletta di poppa era  abbassata e che Cooper non c’era… Si ritiene che Cooper si sia lanciato nella zona del fiume Washougal, affluente del Columbia, nello Stato di Washington. Non si è saputo più nulla di lui. Ma di una piccola parte di quel denaro, sì : Nel 1980, Brian Ingram, un bambino di otto anni, trovò sulle sponde del fiume Columbia circa 5.800 $ in tre pacchetti di banconote da venti, notevolmente deteriorate. I tecnici dell’FBI confermarono che il denaro era effettivamente una parte del riscatto. Il tardivo rinvenimento non giovò alla causa degli investigatori.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 24 Novembre 2021

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