Cronaca

Parte la proposta di legge di iniziativa popolare “liberaladomenica

Parte la raccolta firme per presentare la proposta di legge di iniziativa popolare, per cambiare la legge che liberalizza gli orari e le aperture festive e domenicali nel commercio.  La Confesercenti ha dunque dato avvio alle sottoscrizioni, 50mila in sei mesi, “ma siamo convinti che riusciremo a raccoglierne molte di più in meno tempo – ha dichiarato Ottavio Severo, presidente regionale di Confesercenti – L’obiettivo che l’iniziativa si pone, anche attraverso il sostegno della Conferenza Episcopale Italiana, non è quello di vietare le aperture nei giorni festivi e domenicali, ma di renderle compatibili con le effettive esigenze degli imprenditori, dei consumatori e delle famiglie”. Il decreto Salva-Italia, a partire dal 1° gennaio del 2012, ha liberalizzato definitivamente gli orari di apertura degli esercizi commerciali, cancellando il precedente principio dell’obbligo di chiusura domenicale. Una decisione che avrebbe dovuto portare ad evidenti miglioramenti per i consumatori e per i commercianti, ma evidentemente così non è stato. A testimoniarlo ci sono i dati raccolti dalla Confesercenti. Nella provincia di Bari nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 settembre, dunque nei primi nove mesi dell’anno, hanno abbassato la saracinesca ben 606 attività, di cui 197 nella sola città di Bari, “un dato che dimostra un’evidente involuzione delle attività. E’ indispensabile che le iniziative di carattere economico vadano a braccetto con quelle di carattere sociale – ha spiegato Beniamino Campobasso, presidente provinciale di Confesercenti  – E’ indispensabile trovare un compromesso. Noi, dopo tanto lavoro, l’avevamo finalmente trovato: obbligo di chiusura domenicale, eccezion fatta per l’ultima domenica di ogni mese”. L’iniziativa della Confesercenti vede larga condivisione anche tra i banchi della chiesa. “E’ indispensabile prima di tutto, difendere un valore antropologico: il riposo domenicale. Bisogna sempre trovare un equilibrio tra le esigenze del lavoro e quelle legate alla famiglia, alla maternità, alla casa. Non c’è solo lo sviluppo economico, ma anche quello spirituale. Non bisogna dimenticare che la domenica – ha sostenuto Don Matteo Martire – è il momento della convivialità, ma le abitudini sono cambiate ed ora anche il pranzo domenicale è diventato un pranzo fast food. Noi non siamo contro le aperture domenicali – ci ha tenuto a precisare Don Matteo – ma riteniamo che queste debbano essere svolte solo in determinati periodi dell’anno”. E così, domenica 25 novembre, sui sagrati delle chiese aderenti all’iniziativa, saranno allestiti i banchetti per la raccolta firme. Ad essere maggiormente penalizzate da una liberalizzazione che ha provocato solo maggiore disagio economico e sociale, sono come sempre le donne, madri e mogli, costrette ad abbandonare la propria casa, i propri figli, per il lavoro, nell’unico giorno che dovrebbe essere dedicato alla famiglia. “Quello che viene meno è l’identità della famiglia, che entra irrimediabilmente in crisi. La Chiesa, in questo contesto, cerca di salvaguardare la famiglia, salvaguardando prima di tutto il tempo libero” ha proseguito Don Matteo. Altro tasto dolente, riguarda la mancanza di un valido sostegno da parte delle istituzioni. “In primis, la mancanza di adeguato arredo urbano – ha dichiarato il presidente Campobasso – Non basta solo chiudere una strada al traffico per renderla pedonale, occorre anche apportare interventi che ne migliorino la qualità”. In un’economia caratterizzata dal 90% da piccole-medie imprese, a conduzione familiare, la liberalizzazione degli orari di apertura ha solo causato disagi sociali, provocando una vera e propria disgregazione del nucleo familiare. “Siamo disposti a discutere la materia, a patto che via sia un maggiore riscontro economico ed anche una riqualificazione del territorio, che vada incontro ai commercianti. L’inutilità del decreto sulle liberalizzazioni – ha dichiarato il presidente Severo – è sotto gli occhi di tutti. Proprio in virtù di questo, abbiamo deciso di promuovere un referendum per dare voce ai cittadini, ai commercianti ed anche ai consumatori”. Un nuovo modo di concepire la domenica, che non sia solo limitato all’apertura degli esercizi commerciali, ma anche al coinvolgimento di altre realtà sociali, come presidi medici, asili nido, banche, uffici postali e un maggiore funzionamento dei trasporti, insomma una migliore vitalità cittadina che contempli anche concerti, mostre e spettacoli, che coinvolgano i cittadini.

Nicole Cascione


Pubblicato il 15 Novembre 2012

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