Cronaca

Pasqua s’arrende in vetrina

Un’altra Pasqua in dirittura d’arrivo e l’uomo della strada fa spallucce, sbadiglia. Scarsissima l’attenzione verso vetrine addobbate senza slancio (al massimo qualche rametto d’ulivo o fiori finti). Anche la pubblicità sui media locali sembra collocare in secondo piano la festa della Resurrezione. E tra bar, ipermercati e negozietti non è più come in passato un soffocare il cliente di confezioni doppie, triple a prezzo stracciato di uova e colombe. La merce è lì, chi vuole si serva e se non vuole, pazienza (se è stato un disastro a Natale, a Pasqua ti vuoi rifare?). Pasqua è alla frutta. Lo dice anche l’ormai insignificante traffico di cartoncini augurali (benché mail e sms compensino lo svantaggio). La stessa parola (Pasqua) la senti pronunciare poco quest’anno in città. Al più senti dire : Pasquetta (chi più dice Lunedì dell’Angelo?). Che fai a Pasquetta, dove vai? Una domanda fatta senza entusiasmo, cui corrisponde una risposta altrettanto fiacca. Che si vada alle Seychelles, al  bosco di Cassano o si rimanga in casa, Pasquetta è un altro pensiero di cui liberarsi. Siamo stanchi, sfiduciati, impermeabili all’ottimismo. Saranno il carovita, i veleni della politica, il pensiero degli immigrati o l’ansia catastrofista, l’ennesima Pasqua sta per passarci sotto il naso senza lasciare traccia. Invano Confraternite e Associazioni si affannano tra processioni ed altre iniziative per non far morire un sentimento. Di fatto, più che la Pasqua, ad essere consumato è il ricordo della Pasqua che fu (insomma, dolore doppio). Ma il popolo dei fedeli ‘per abitudine’ non ci sta e al pari di un giocatore in serata-no si ostina a rilanciare. Allora, anche quest’anno, Settimana Santa a tutti i costi, quasi un accanimento teologico. Neanche a tavola la Pasqua sopravvive. A furia d’infarcire colombe (manca solo il prosciutto) se ne è smarrito il sapore. Gli alti lai degli animalisti fanno andare l’abbacchio di traverso. E le uova di cioccolato taroccato spengono il gusto della sorpresa. Quanto ai tradizionali, grossi taralli rivestiti della glassa di zucchero, ecco un altro sapore snobbato dal palato dei giovani e prossimo all’estinzione sulla bocca degli anziani. Restano le scarcelle e le sculturine di pasta reale.  Per risvegliare il mercato i pasticcieri propongono scarcelle a coniglietto, a pesce, fiore, cuore, stella… Macché, restano a morire in vetrina ; semmai la gente si diverte in casa realizzare forme inusitate (abbiamo saputo di una scarcella ‘blasfema’ ovvero a forma di falce e martello…). A tenere sono invece i tradizionali agnellini di pasta di mandorle e languidamente accovacciati con l’asta dello stendardo pasquale ritta fra le zampe. Sembrano alfieri smarriti di un esercito rimasto senza uomini, armi, ideali…
 
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Pubblicato il 20 Aprile 2011

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