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Pd: Amati, Mennea e Pentassuglia si sospendono dal partito

Tre consiglieri regionali del Partito democratico, Fabiano Amati, Ruggiero Mennea e Donato Pentassuglia, ieri si sono autosospesi dal gruppo del Pd alla Regione. A darne comunicazione sono stati gli interessati stessi nel corso di una conferenza stampa, durante la quale hanno spiegato che la decisione di autosospensione è dovuta all’immotivata esclusione dei loro nomi dall’elenco di coloro che sono stati ammessi a partecipare alle primarie di domenica prossima, per individuare i candidati da inserire nella lista elettorale del Pd alle politiche del 2013. “Una grave mancanza di verità” che questi esponenti del Pd pugliese hanno denunciato inviando pure una lettera al segretario nazionale del partito, Pierluigi Bersani, finalizzata a conoscere i criteri adottati per la scelta dei candidati da far concorrere alle primarie e per annunciare la loro intenzione di rivolgersi alla Commissione nazionale di garanzia del partito, qualora la propria richiesta di chiarimenti non abbia riscontro. Infatti, Amati, Mennea e  Pentassuglia hanno stigmatizzato apertamente “la mancanza di criteri oggettivi” nella selezione dei nomi ammessi alle primarie del Pd. Una mancanza che – a detta degli stessi esponenti – dietro la quale si nasconderebbe “Il chiaro tentativo di orientare il risultato finale.” Per cui – ha ribadito Amati – “Serve un atto di verità” e l’autosospensione dal gruppo – ha spiegato sempre lo stesso Amati –   “è per noi una prova d’orchestra” citando un noto film di Federico Fellini. E, continuando, ha aggiunto: “C’è la necessità di far abbattere sul Pd una grande sfera che travolga e distrugga i muri, giustiziando le menzogne, perché la politica non può essere fatta con la menzogna.”  Una rottura – hanno precisato i tre consiglieri regionali eletti nel 2010 nella lista del Pd – scaturita “non da rancore o amarezza, ma dalla necessità di ricevere una spiegazione a scelte che ledono la democrazia e il diritto alla competizione elettorale.” Possibilità che invece – secondo Pentassuiglia –sarebbe stata accordata ad altri che “pur non essendo stati eletti e, quindi, scelti responsabilmente dai territori come loro rappresentanti, godono dei favori del partito.” Quindi, per riconquistare credibilità agli occhi dei suoi elettori – ha chiarito Pentassuglia – il Pd dovrebbe invertire la rotta ed adottare una linea improntata sul pragmatismo e sull’impegno comune per la democrazia anche al proprio interno. Alle accuse di Amati e Pentassuglia si sono aggiunte anche quelle del consigliere Mennea, che ha denunciato di “gestione opaca le primarie del Pd”, definendole “figlie del porcellum” che consente “candidature ad personam”, accordate senza criteri oggettivi nella scelta dei nomi da inserire nei posti sicuri delle liste, ai fini di un’elezione certa in Parlamento. Ora i tre consiglieri del Pd autosospesi restano in attesa di conoscere le iniziative che il partito, in particolare il segretario nazionale Bersani, che è anche candidato premier del centrosinistra, assumerà a seguito di questa loro eclatante protesta. Iniziativa da cui dipenderà sicuramente anche l’evoluzione successiva dello strappo verificatosi ieri dal gruppo del Pd di via Capruzzi. Da non dimenticare infatti che Amati è anche assessore in quota Pd della giunta Vendola e che difficilmente tale incarico potrebbe essere messo in discussione all’interno della coalizione di centrosinistra da parte del partito di Bersani, senza che possano poi verificarsi sorprese in Aula per la maggioranza, visto che Amati, Mennea e Pentassuglia, staccandosi dal Pd, già potrebbero costituire un proprio gruppo consigliare autonomo nell’Aula di via Capruzzi. E, quindi, da escludere che in questo momento il partito di Bersani possa permettersi di far finta di nulla sullo strappo di questi tre consiglieri. Anzi, la loro autosospensione dal Pd potrebbe essere finalizzata a costringere il governatore Vendola ad intervenire su Bersani per una ricomposizione immediata della questione, onde evitare che un’eventuale fronda interna alla coalizione di centrosinistra possa aprire una falla all’interno della maggioranza, mettendo così in crisi gli ultimi mesi di attività del governatore Vendola in consiglio regionale. Però, se divenisse definitivo lo strappo dal Pd di Amati, eletto nel collegio di Brindisi, di Mennea, eletto in quello della Bat, e di Pentassuglia, eletto nella provincia di Taranto, potrebbe anche avere qualche conseguenze sul piano elettorale alle politiche di febbraio prossimo, in quanto questi tre consiglieri, con il loro controllo di voti nelle rispettive province, potrebbero eventualmente mettere a rischio la vittoria del centrosinistra al Senato in Puglia. E, quindi, far perdere alla coalizione Bersani-Vendola il premio di maggioranza, che nella nostra regione da diritto a tre seggi in più alla coalizione vincente. In definitiva lo strappo annunciato ieri dai tre esponenti regionali del Pd,capeggiati dall’assessore Amati, se non rientrerà, potrebbe ben presto diventare un boomerang per l’intera coalizione del centrosinistra e non solo per Bersani ed il Pd, che li hanno esautorati dalle primarie. Un’esclusione, questa, che – secondo qualche bene informato – potrebbe essere stata la conseguenza dello scarso impegno di Amati, Mennea e Pentassuglia alle primarie del 25 novembre scorso, quando la sfida era anche Bersani e Vendola, ed i tre esponenti del Pd non volevano togliere spazio di manovra, e quindi voti, soprattutto a Vendola. E per questo, forse, proprio sul governatore pugliese conterebbero ora per essere rimessi in gioco alle politiche.                  

 

Giuseppe Palella

 

 

 

 


Pubblicato il 29 Dicembre 2012

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