Cultura e Spettacoli

Per i due Jan un monumento ‘orizzontale’

Lunga meno di cinquanta metri ed esemplarmente anonima (appena due i numeri civici), fa da bretella tra via Martin Luther King e viale Kennedy. E’ la strada che il capoluogo pugliese ha dedicato a Jan Palach, lo studente cecoslovacco che il 16 gennaio di quarantanove anni fa si dava fuoco in Piazza San Venceslao a Praga in segno di protesta contro l’invasione del proprio paese ad opera delle forze del patto di Varsavia (con l’eccezione della Romania) ; Palach sarebbe morto tre giorni dopo in ospedale). Jan Palach, che aveva poco più di vent’anni, prima di darsi fuoco aveva lasciato queste righe : “Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero uno, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zprav (giornale delle forze di occupazione sovietiche – n.d.r.). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà”. Esisteva davvero l’organizzazione descritta da Palach. Si è sempre pensato di no. Non di meno il gesto dello studente praghese fu imitata da un suo amico, Jan Zajìc il quale, ancora a Praga, si diede fuoco il 25 febbraio (si vuole che alla morte di Zajìc abbia fatto seguito il suicidio di almeno altri cinque studenti, ma il silenzio imposto dagli occupanti agli organi di informazione non ha mai consentito di appurare la verità). Più piccolo di due anni, Jan Zajìc era amico di Palach. Una data non scelta a caso quel 25 febbraio, giorno al quale quell’anno corrispondeva in Cecoslovacchia il ventunesimo anniversario del colpo di stato comunista. Quel giorno Zajìc, che era di Vitkov, raggiunse la capitale in compagnia di tre amici, portando con sé alcune lettere e un appello ai cittadini cecoslovacchi. Dopo aver consegnato agli amici le lettere e l’appello ed essersi congedato da loro, acquistò materiale infiammabile e si nascose nel portone di un edificio di piazza San Venceslao, dove verso le due del pomeriggio si diede fuoco. Dopo la caduta del Muro un monumento (nell’immagine) è stato eretto in memoria di Palach e Zajìc. Realizato da Barbora Veselá, Čestmír Houska e Jiří Veselý, l’opera si distingue per la scelta ‘orizzontale’ : dal lastricato emergono due bassi tumuli circolari collegati da una croce di bronzo. Molti vi passano accanto senza neanche farci caso. Per questa sua ‘discrezione’, per questo non imporsi alla vista, il monumento è del tutto inadatto alle cerimonie commemorative. Forse i due Jan approverebbero.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 16 Gennaio 2018

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