Per le “anticaglie” vennero i “fucilieri”
Le targhe che indicano via Emanuele Mola, al quartiere Madonnella, contengono un errore : Il Mola all’anagrafe era ‘Emmanuele’ e per un caso curioso sposò una donna che si chiamava Emmanuela… Dettagli a proposito di uno dei maggiori archeologi pugliesi. Nato nel 1748 a Bari, dove si sarebbe spento nel 1811, Emanuele Mola non ebbe vita serena. Molti contrasti e disavventure minarono sin dall’inizio le gioie che gli venivano dagli scavi. I suoi guai cominciarono già nel momento in cui, nominato Soprintendente alle Antichità, ebbe la Regia Licenza agli Scavi Archeologici. Appena ebbe ricevuto il primo incarico, consistente nell’investigare nel ricchissimo sottosuolo di Ceglie del Campo, il Mola fu avvicinato da un sacerdote del posto, Don Vincenzo Carmosino. Appassionato di archeologia e profondo conoscitore del luogo e dei suoi abitanti, il prete gli offrì il proprio sostegno. I due diedero così vita ad una sorta di società. L’accordo prevedeva per il Carmosino una ricompensa in natura, ovvero una quota del ricavato degli scavi. Le cose inizialmente andarono bene, poi il Mola cominciò a nutrire il sospetto che il suo ‘socio’ facesse il furbo. I sospetti presero corpo al punto che il 19 febbraio 1790 l’archeologo barese ottenne il sequestro di tutti i reperti depositati presso la dimora del sacerdote. La reazione di quest’ultimo fu viperina : Rivolgendosi direttamente a Sua Maestà Ferdinando I, accusò il Mola di varie “imposture”. In un suo pregevole studio sulla figura del Mola, Francesco Lorusso elenca queste trasgressioni : minacce fatte ai cegliesi per l’acquisto a basso prezzo dei reperti col pretesto di una sorta di esclusiva che gli sarebbe derivata dall’appartenenza all’Accademia di Scienze e Belle Lettere ; raccolta privata e traffico di “bellissimi vasi etruschi” ; appropriazione di reperti con abuso del titolo di Soprintendente ; privazione della “mercede” agli operai impiegati negli scavi ; richiesta di pagamento di “arbitrarie diete” a carico di chi scavava con regolare licenza (perfino attraverso uomini delegati a tale compito)…A ciò si aggiungano i sicuramente pilotati ricorsi avanzati da quei contadini nelle cui terre si era scavato. Per effetto del ricorso, ascoltate diverse testimonianze nelle quali ricorreva la voce che con la sua condotta l’accusato avesse fatto “molti guadagni”, l’Uditore di Trani il 29 giugno dello stesso anno dispose il dissequestro delle “anticaglie” precedentemente fatte sequestrare dal Mola. Scortati da “fucilieri” (un drappello di guardie armate) i funzionari incaricati provvidero alla bisogna “assaltando” l’abitazione del Mola mentre tutti dormivano, “con tutto disturbo della casa e della città”. L’archeologo produsse allora una doppia memoria difensiva in cui l’inverosimile mole accusatoria veniva smontata alla luce del fatto che egli aveva trattenuto per sé solo “anticaglie indegne del Regio Museo” e “conservato” – inventariandoli – tutti gli altri reperti in ottemperanza agli obblighi che gli venivano dalla carica di Soprintendente. Con un “dispaccio” del 7 ottobre venne riconosciuto innocente.
Italo Interesse
Pubblicato il 28 Agosto 2018