Cultura e Spettacoli

Per l’Uomo di Altamura si litigò

Il 7 ottobre di ventitré anni fa veniva ufficialmente annunciata la scoperta dell’Uomo di Altamura, avvenuta quattro giorni prima ad opera di tre speleologi pugliesi, Lorenzo di Liso, Marco Milillo e Walter Scaramuzzi, i quali avevano deciso di esplorare a titolo personale la grotta di Lamalunga, una cavità  del Pulo di Altamura già individuata anni prima dal Centro Altamurano Ricerche Speleologiche. L’esplorazione portava alla clamorosa rinvenimento di uno scheletro di Homo Neanderthalensis vissuto fra i 128 e 187mila anni fa. Una volta diffusa, la notizia coprì di gloria i tre speleologi (l’enorme interesse dei media fu anche frutto del singolare stato di conservazione del complesso osseo, che si presentava ‘spettacolarmente’ inglobato da concrezioni carsiche). Da tale gloria il CARS si sentì immeritatamente escluso, avendo comunque contribuito all’eccezionale rinvenimento. Siccome non è raro che in ambito scientifico si litighi su precedenze e meriti a riguardo di scoperte, il contrasto fra i tre speleologi e il CARS diede vita ad una disputa che si trascinò prima davanti al TAR e poi, in appello, davanti al Consiglio di Stato. I due ordini di giudizio ritennero concordemente che il CARS potesse attribuirsi il merito di “gruppo scopritore della grotta”, mente a Di Liso, Milillo e Scaramuzzi andava riconosciuto il merito di essere stati gli “scopritori del reperto umano”. E, cosa più importante, le due sentenze concordavano su un punto : il reperto umano, la grotta e la paleo superficie con ossa animali non possono essere considerate cose a sé stanti, bensì parti di un “unicum” : il che di fatto fonde ‘scopritori’ e ‘gruppo scopritore’ in una sola, determinante risorsa umana. Le due sentenze, oltre a mettere tutti salomonicamente d’accordo, hanno il pregio di porre in risalto il valore del contesto ambientale che avvolge i resti dell’Uomo di Altamura e dai quali resti tale valore è ingiustamente messo in ombra. Il complesso di Lamalunga consiste in un labirinto carsico tra i più articolati di Puglia, e quindi del mondo. Inoltre, quella parte di superficie che si estende in corrispondenza dell’inghiottitoio nel quale il nostro povero cacciatore precipitò si presenta ricchissima di reperti faunistici : povere bestie cadute accidentalmente nella voragine, i cui bordi evidentemente dovevano presentarsi coperti dalla vegetazione. Sappiamo così che, prima e dopo l’Uomo di Altamura, lo stesso sito fu habitat di ungulati (cervidi, bovidi ed equini) e carnivori (iene, lupi, volpi). Tutto ciò allarga le nostre conoscenze intorno a quei resti umani, impreziosendoli.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 7 Ottobre 2016

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