Piano Strategico? Serviva solo ad arpionare poltrone e stipendi
Col programma “Sbilanciamoci” una decina di anni – come passa il tempo, sembra ieri….- fu organizzato a Bari il forum “L’impresa di un’economia diversa”, con affondi sui temi sociali più salienti e su modelli economici alternativi a quello liberista. La manifestazione era stata promossa, fra l’altro, da alcune associazioni locali, come “città plurale” e “sviluppo sostenibile”, tutte e due associazioni che appoggiavano e promuovevano il “piano strategico territoriale”. Punto di partenza, come al solito, un’idea di “governance”, che dalle privatizzazioni alla terziarizzazione di importanti attività pubbliche, ha smantellato progressivamente il nesso materiale, economico e ideale che legava lo stato e gli enti pubblici ai cittadini. Esponenti di entrambe le associazioni citate (che volevano rappresentare la c.d. società civile barese innanzi alle istituzioni pubbliche locali) hanno ricevuto incarichi per consulenze nella direzione del piano strategico, probabilmente anche ben pagati. Aprivano cosi i loro interventi i componenti del coordinamento cittadino di “Città Democratica e Pluralista” per criticare a fondo sia il piano strategico che l’intervento diretto delle associazioni nella amministrazione del bene pubblico, quando non siano stati osservati criteri selettivi che premino fra esse quelle con un maggiore attività volontaristica. Se le associazioni si trasformano in studi di consulenza e progettazione a pagamento, violano diritti ed interessi diffusi, oltre che precise regole competitive e di pari opportunità. Ad esempio, diritti di altre associazioni a vedersi riconosciuti i loro progetti a forte contenuto volontaristico, che garantiscono un alto turnover di volontariato. Nei progetti finanziati o cofinanziati dagli enti pubblici –che poi si sono dissolti quasi tutti come neve al sole- andava posta come regola il rispetto di un coefficiente tra personale remunerato e volontari, in modo che la natura volontaristica delle associazioni non venga stravolta ed il terzo settore non diventi una scorciatoia per accaparrarsi progetti e consulenze pubbliche in modo apertamente Heideggeriano, cioè: la consulenza spetta a me perché io sono etico! “Il piano strategico costa alle pubbliche casse circa quattro milioni di euro che saranno completamente spesi nella informazione e nella formazione di conoscenze finalizzate ad attirare investimenti e capitale umano qualificato, capace di sfruttarli”, le parole che echeggiavano in convegni e tavole rotonde. Dove si sparava a zero conto l’ambizioso progetto di sviluppo economico e di sfruttamento territoriale. Gli enti pubblici coinvolti dovrebbero limitarsi ad imporre le regole, mentre la gestione esecutiva del progetto sarebbe affidata ad agenzie e società, come da canonica impostazione del business-governance. Era un piano civetta perchè strizzava l’occhio a destra quanto a sinistra e prometteva di coinvolgere tutti gli interessi presenti nella città, non escluse associazioni e società civile. Per dirla in altri termini, solo un grosso progetto di sviluppo di stampo liberista e di manipolazione dei consensi, strabico nella sua visione politica. “Se va bene, il nostro territorio in meno di un decennio diverrebbe habitat per cittadini con reddito familiare da 50.000 euro in su. Mentre oggi il 70% della popolazione barese e pugliese può contare su di un reddito non superiore a 20.000 euro l’anno, con concentrazioni cospicue attorno e sotto i 15.000 euro”, osservavano i rappresentanti di chi si sentiva impegnato seriamente sul fronte del cambiamento in Città. In conclusione, i nuovi etici&civici (molti fra essi insegnanti e universitari) che volevano programmare il futuro del nostro territorio a misura del loro livello sociale e reddituale, orchestrati dai soliti Emiliano e Sannicandro, sono spariti senza lasciare traccia. Mentre il “salario di ingresso” e tutte le altre politiche sociali promesse in campagna elettorale restano sulla carta, come accadrà ad Emiliano che, per arpionare la poltrona più lta alla Regione, ora s’è inventato una campagna elettorale basata sulle…sagre! Magari come sempre avrà dato lavoro a un centinaio di giovani, figli, amici e simpatizzanti della nuova stirpe protetta “etici&civici”, capeggiati com’è accaduto con il Piano Strategico dalla punta di diamante rappresentata da un giovanotto belloccio e preferibilmente con pizzetto o barba dei tre giorni (come fa il sindaco attuale…) simboli dell’illusionismo metropolitano organizzato in forma singola ed associativa (secondo che il suo occhio volga a destra anziché a sinistra), capace di disperdere risorse pubbliche in punta di mouse. Tutto questo in una città che scoppia di precariato, nuove e vecchie povertà, così tanto bisognosa di politiche sociali mirate ma soprattutto serie e concrete. E’ deludente osservare come la c.d. società civile sia ormai divisa tra chi sta dentro il progetto “piano strategico”, chi è rimasto fuori e chi tenta di entrarci in qualche modo…
Francesco De Martino
Pubblicato il 21 Marzo 2015