Primo Piano

Pianto e riso, le due facce del sipario

Era un pezzo che a teatro non ci capitava di assistere ad un doppio spettacolo. Per meglio dire ci era successo di assistere a ravvicinate rappresentazioni di brevi opere dello stesso autore (Rosso di San Secondo, Verga, Williams…), non di essere spettatori di cose totalmente differenti, separate da un intervallo. Parliamo di una formula, comune anche al cinema, ancora in voga negli anni cinquanta e che puntava ad assicurare anche quattro ore di ‘intrattenimento’ per un pubblico onnivoro. Succedeva allora di vedere disinvoltamente abbinati drammi e farse, opere di qualità ed operine. Girava così prima della tv, si andava a teatro o al cinema per vedere qualcosa, purchessia. Oggi gira diversamente. Per cui desta scalpore la scelta di ‘A più voci’, la compagnia diretta da Paola Martelli di proporsi al Duse con un’elaborazione drammaturgica sul tema dell’Antigone seguita da una pochade. L’accostamento potrebbe risultare stridente – spiega la Martelli nelle note di regia –  ma “precedenti illustri” assolvono tanto ardire (“la trilogia greca che metteva in scena i miti era seguita da una dramma satiresco”). L’obiettivo, poi imbastarditosi all’interno di una visione commerciale del teatro, mirava a demitizzare il retrogusto della platea per predisporlo ad un non meno formativo ritorno coi piedi per terra. Paola Martelli, così, pone in apertura “Antigoni”, rilettura del noto personaggio alla luce dei suoi numerosi ‘transiti’ per la letteratura teatrale d’ogni tempo. A seguire, previo intervallo, “Davvero una magnifica serata”, farsa affidata agli stessi interpreti. Due ben distinte facce della stessa medaglia. Nella prima si piange, nell’altra si ride, ma la sostanza delle cose (il materiale di cui la medaglia è fatta) è che la vita è complicata, è fonte di gratuita sofferenza, per cui alla fine dei conti riderne resta ragionevole atto di ‘resistenza’. Per raccontare il pathos della prima parte, qui si ricorre a registri interpretativi che ammiccano alla grande scuola teatrale spentasi nel dopoguerra. L’ambizione mette un po’ in difficoltà il generoso cast, che comunque sa disimpegnarsi malgrado qualche incertezza. Le tre riflessioni ‘antigoniane’ sono intervallate a sipario chiuso da interventi molto didascalici della stessa regista. Nel secondo tempo, spazio alla verve con le disavventure a lieto fine degli arrivisti  padroni di casa Veraldi. Migliore la resa degli attori, che, affrancati dall’enfasi epica, sono apparsi più sciolti ; migliore anche la risposta del pubblico. ‘Davvero una magnifica serata’ è testo non particolarmente originale, cui va però riconosciuto il merito di venire incontro ad una onesta esigenza della platea oggi poco considerata : quella di ridere (tra le righe anche di sé) senza obbligo di frecciate politiche, volgarità, denudamenti o sconcezze.
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Pubblicato il 3 Ottobre 2011

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